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The Raid 2

Regia di Gareth Evans vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Raid 2

di myHusky
8 stelle

"Some people are going to find it too violent. That's fine; it's not for them. Some films I don't like to watch because they're too sentimental. That's something I can't stomach, when it's really sentimental. So, that's my taste."

(Gareth Evans)

 

Bye bye Hollywood.

C'era da aspettarselo. Le atmosfere claustrofobiche e costrette di The Raid: Redemption erano destinate, con questo secondo capitolo della saga, a trovare la loro fine. Nessun appartamento fatiscente (teatro di carneficina cinematografica) a far da sfondo a questo The Raid 2: Berandal. Questa volta Gareth Evans ha deciso di scendere in strada, di aprire la sua inquadratura. Ha deciso di prendersi una boccata d'aria per esplorare spazi, trame e rinnovati combattimenti all'ultimo sangue. 

Siamo all'apice del cinema d'azione e non ce n'è per nessuno. Le mura tremano, gli inseguimenti in macchina sono più reali del reale e le coreografie di Iko Uwais si trasformano in pillole d'adrenalina per un pubblico da troppo tempo assopito per colpa di tutte quelle pompose produzioni americane.

Scritto, diretto e montato dal regista britannico (trapiantato a Jakarta), The Raid 2 è una scarica d'adrenalina che, attraverso un eccellente mix di generi e di stili, prova a superare il suo predecessore, puntando direttamente all'olimpo del cinema d'azione.

 

Si riparte dalla fine, dalla violenta carneficina del primo capitolo. La sottile linea che unisce i due film da la possibilità a Gareth Evans di abbandonare la vecchia palazzina per espandersi, andando a mescolare sapientemente il cinema della arti marziali con il crime movie, senza però creare qualcosa di completamente scollegato dal lavoro precedente. Ancora una volta, Rama dovrà fare i conti con la criminalità organizzata, infiltrandosi all'interno di essa per dare la caccia a quei pesci grossi che da tempo tengono in mano la città di jakarta.

The Raid 2 si complica, si contorce e sperimenta gli spazi. Sono 150 minuti di pura frenesia dove tutto, a partire dalla trama stessa, sembra essere stato costruito per dar vita all'azione. È evidente, però, una maggiore attezione all'intreccio: la struttura narrativa si fa più complessa, i personaggi aumentano e il mondo della criminalità si mostra più ramificato e pericoloso di quanto ci era precedentemente apparso. Tutto più vivo.

Naturalmente anche l'azione, vero motore della pellicola, acquista sempre più importanza e rilevanza. Non è facile rendersi conto della quantità di variazioni e di coreografie messe in scena alla perfezione da Evans. L'occhio non può, non riesce ad abbandonare lo schermo. È costretto ad osservare con la partecipazione del corpo che freme, soffre, si agita, proprio come quello degli innumerevoli nemici messi al tappeto da un Iko Uwais in splendida forma. All'aperto, al chiuso, per le strade della città, non c'è luogo che il regista brittanico non abbia deciso di trasformare nel suo campo di battaglia. E tutto, ancora una volta, ci appare come più vivo, più reale, più sanguinolento.

La violenza diventa lo strumento d'eccellenza che, a seconda della situazione, può essere visto solo ed esclusivamente come parte integrante (fondamentale) dell'intrattenimento o come metodo per portare avanti una sorta di critica: "So we have the scene with the throat cutting in the restaurant. For me, that’s not about the pain and the suffering of the people. It’s a criticism of the two other guys who are just having a normal business conversation while they’re doing this horrible act, they’re casually doing it". Non sbaglia David Edwards, a questo proposito, quando scrive su mirror.co.uk (spingendosi forse un po' troppo in là con il giudizio) che "The Raid 2 may be the most violent film of 2014 - but also possibly the best"

Berandal colpisce fisicamente nel profondo. A suon di calci e pugni spazza via tutte le recenti produzioni del cinema d'azione e va a posizionarsi direttamente nei gradini più alti. Perché bisogna ammetterlo: non è facile dar vita ad una pellicola del genere e non è altrettando semplice superare le aspettative dopo aver girato, solo due anni prima, una pellicola come The Raid: Redemption. Evans, consapevole delle aspettative, ha deciso di complicarsi la vita, ma il folle rischio è stato giustamente ripagato. 

 

"It depends on the fight scene. With something like the prison riot, it’s a lot faster because it’s split up into sections. There are multiple fighters, so you can break it up a bit more. It’s easier to come up with those, because you can go, we’ll have a guard fighting a prisoner over here. Then you can have Iko versus some of the guards. Then you can have Uco versus Bemi. [...] When you’re doing one on one fights with Iko and Cecep [Arif Rahman, who plays The Assassin], it’s two people, and every single movement has to flow into another movement. And also to create that sense of the dynamics, it becomes a lot harder, more complex."

(Gareth Evans)

 

The Raid 2 respira e pulsa più di ogni altra pellicola del suo genere anche perché la costruzione stessa delle scene d'azione e delle numerose coreografie è stata pensata in modo che le sequenze potessero risultare potenti e adrenaliniche il più possibile. C'è stato un vero studio da parte di Evans. Nulla è stato lasciato al caso, anche se questo non ha impedito alla pellicola di mostrarsi diretta e credibile, come se tutto fosse stato girato all'improvviso, nell'imminenza dell'azione ("I just want to shoot what I want straight through and hope it turns out ok"). 

Le arti marziali, naturalmente, costituiscono il fulcro delle scene d'azione ed è notevole l'ispirazione per le componenti più violente del cinema orientale. Non dobbiamo dimenticare, però, che il regista deve buona parte della sua formazione anche al cinema occidentale. Ad esempio, non è difficile scovare, in certe soluzioni stilistiche, un richiamo al cinema di Nicolas Winding Refn. 

Nel complesso, il successore di The Raid: Redemption sperimenta nuove soluzioni e si apre sui grandi spazi. Passiamo facilmente dalla claustrofobia di un combattimento in macchina al campo lungo in apertura della pellicola. La mdp in continuo movimento, seguendo il protagonista in ogni suo spostamento, riesce a trasmette nello spettatore un senso di adrenalina che non ha pari. È cinema d'azione allo stato puro, c'è ben poco da aggiungere.

Naturalmente, buona parte del merito va anche alla scelta dei personaggi e alle loro interpretazioni. Si pensi, a questo proposito, alla scelta della cosiddetta hammer girl, descritta così da Evans: "I wanted to present this character as the most cold-blooded bitch ever. I wanted her to be like this badass role and this thing of like, anything these boys can do, she can do - and do a hell of a lot better". Infine, una menzione particolare va a Iko Uwais, protagonista indiscusso della pellicola che, attraverso i suoi combattimenti (la sua tecnica è il silat, l'arte marziale indonesiana), rende l'azione della pellicola assai più viva e palpitante. Sarà pure un'illusione, ma in Berandal le ossa sembrano spezzarsi per davvero. 

 

Gareth Evans, con The Raid 2, mette in scena uno dei più notevoli (se non il più notevole) film d'azione dei nostri tempi. Un'opera che ci da la conferma di tutte le potenzialità del cinema indonesiano (solo due anni fa usciva l'eccellente The Act of Killing di Joshua Oppenheimer) e che, al di là della difficoltà di alcuni nel digerire film di questo stampo (ammetto di appartenere a quel gruppo), mostra la sua netta superiorità rispetto a tutte le recenti produzioni americane (e non) del genere.

Si conclude la visione distrutti e stremati, come se tutte quelle ferite fossero magicamente apparse anche sulla nostra pelle, ma con la consapevolezza di aver visto qualcosa che difficilmente, nei prossimi anni, troverà degli eguali. 

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