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Mommy

Regia di Xavier Dolan vedi scheda film

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La recensione su Mommy

di giancarlo visitilli
9 stelle

Eccolo davvero il giovane favoloso. Si chiama Xavier Dolan. E’ giovane, quasi venticinquenne, a soli diciannove è stato insignito della Camera d’Or a Cannes, sfornando, in cinque anni, già ben quattro titoli, di cui è stato sceneggiatore, regista, produttore e tre di questi film li ha anche interpretati. Bene, lui, quest’anno a Cannes ha avuto anche il merito di condividere, ex-aequo, con un pilastro del cinema mondiale, Jean-Luc Godard, il Premio della giuria.

C’è da dire che Xavier Dolan, come pochissimi altri nel cinema, sa raccontare gli adolescenti al modo di Francois Truffaut. Lo ha dimostrato l’ennesima volta, attraverso il tormentatissimo Steve di Mommy, uno che “avrebbe il biglietto di sola andata per la galera”. Perché Steve è un adolescente molto problematico, che da dopo la morte del padre, vive un disagio esistenziale incredibile, affetto da eccessi di attivismo e deficit di attenzione, che scarica sulla madre. E’ questo il motivo per cui è avviato presso un istituto specializzato dove, secondo una recente e discussissima legge canadese, i genitori in difficoltà possono richiedere vengano ricoverati i figli fuori controllo.

Gli adulti che ruotano intorno a Steve sono Diane, sua madre, vedova da tre anni e disoccupata, che di suo ha una bella presenza. Lei ce la mette tutta, pur di seguire suo figlio, ma “amarlo non vuol dire volerlo salvare”.  

Attraverso una macchina da presa che si allontana continuamente dai luoghi e dalle persone che li abitano, Dolan riesce a creare uno stato di sospensione e di grande tensione, per tutta la durata del film. Fra risse verbali, che finiscono in violentissimi incontri ravvicinati o momenti di grande affetto, il rapporto madre figlio sembra continuamente in bilico, come pietre rotolanti fra la tragedia e il dramma di un’esistenza in cui, soprattutto Steve è una sorta di insostenibile carico, con cui Diane deve fare i conti. Il mal di vivere e l’inettitudine a vivere la fanno da padroni.

Ma Mommy è straordinario anche dal punto di vista dello strumento-cinema: il film è girato nell’inusuale formato 1:1: (un formato quadrato che spiazza il pubblico), ma che, man mano ci si addentra nelle vite della storia a cui si sta prendendo parte, è uno schermo che si apre, quasi per sconfinare e andare al di là dei muri della sala-cinema e abbracciare ciò che è fuori. La nostra vita, il quotidiano di tutti. L’imbarazzante esistenza di tanti. E’ formidabile la scelta di restringere il campo quando si è nella pelle che abitiamo di volta in volta, ora di Steve e poi di Diane. Loro, sia come coppia, madre-figlio, sia in compagnia di altri, vivono la difficoltà delle relazioni. E’ come se anche l’immagine provasse la stessa difficoltà del vivere insieme, in una società che condanna alla solitudine.  

Affidando una storia così intensa e niente affatto facile da interpretare ad attori straordinariamente credibili, il giovane regista dimostra di possedere una maestria nella guida degli attori. Bellissima anche la colonna sonora, che comprende canzoni straordinaria, di ogni genere e nazionalità, compresa la bella “Vivo per lei”, durante la quale ci si emoziona non per le straordinarie voci di Bocelli e Giorgia che la interpretano…

E allora, è facile comprendere come basterebbe poco, pochissimo, per affermare che Mommy sia un capolavoro, per il giusto equilibrio tra testo, musica, suoni e parole. Spesso il figlio urla, la madre grida contro il figlio. Tutti, anche al di fuori di quel disastrato nucleo famigliare, tentano in qualche modo di esercitare la propria forza per farsi sentire. Ma é davvero impossibile. Perché la vita è un continuo lottare contro l’insostenibile silenzio e vuoto che, evidentemente, è dentro e fuori.

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