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Mommy

Regia di Xavier Dolan vedi scheda film

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La recensione su Mommy

di amandagriss
8 stelle

Si dice che la vita sia come un film.

Eventi che raccontano una storia o più di una, a volte felice, più spesso triste, altre ancora tragica.

Avvenimenti, ricordi, desideri, speranze, si susseguono senza sosta fin dove è decretata la fine, quasi sempre labile, sospesa, indefinita.

Perché la chiosa che suggella la conclusione, il punto fermo, l’ultimo, e dopo più nulla, (forse) non fanno parte della vita vera, riguardano la finzione, quella scritta e filmata.

 

La vita può essere rappresentata da un flusso di immagini che scorrono sullo schermo, questo lo sappiamo.

Ma questo flusso di immagini che fanno la vita può tradursi in uno specifico formato di pellicola?

Xavier Dolan ci dice di sì.

Ma quale formato scegliere, quale attribuire/applicare ai momenti, o meglio fasi o periodi, che costituiscono la vita stessa? Affinché, principalmente attraverso questa semplice eppure grande, geniale intuizione, possiamo leggerne il fattore emozionale, comprenderne il tormento devastante che non concede tregua, familiarizzare con l’intimo logorìo che si fa regola, abituarci a un inferno perpetuamente ribollente che quando esplode -ogni volta che esplode- manda tutto (quel poco che sta in piedi) in pezzi non sempre facili da riassemblare.

La vita rinchiusa in un quadrato [formato 1:1] è una soffocante prigione, è una lenta agonia, una condanna a morte.

Manca l’aria, e il sole non arriva a riscaldarla. La luce a illuminarla.

Ma il fuoco che vi arde dentro, brucia fino a morire.

Nel quadrato asfissiante siamo da soli con le nostre sciagure, chiusi in noi stessi e fuori dal mondo che non ci vuole, perché non ci comprende e non ci accetta.

Siamo delle mele marce, dei disadattati. A torto o a ragione non importa. È così che vanno le cose.

Il destino avuto in sorte ci modella addosso una spessa corazza di dolore arrabbiato che le persone intorno a noi non intendono scalfire, trapassare o strapparcela di dosso. Il più delle volte non provano nemmeno ad alleggerirne il peso, la loro volontà e disponibilità nel farlo si ferma alle (belle) parole.

Così restiamo soli ed impotenti nel nostro quadrato di insostenibile esistenza, a sentirci colpevoli, a sapere di essere colpevoli.

 

Anne Dorval, Antoine Olivier Pilon

Mommy (2014): Anne Dorval, Antoine Olivier Pilon

 

Allora che fare?

Continuare a portare la propria pesante croce e aspettare che il tempo guarisca le ferite, che richiuda gli strappi frastagliati, arrivi a riempire le voragini scavate dall'angoscia e dallo sgomento, addolcisca il sangue amaro, ristabilisca l’equilibrio venuto precipitosamente a mancare.

Siano i benvenuti coloro i quali incrociando il nostro cammino si fermano a guardare, riconoscendo in noi la loro privata sconvolgente sofferenza che ammutolisce, e stendano una mano, a infondere profumo di fiori freschi nell’aria stantìa e affumicata.

Così da spalancarlo questo dannato quadrato, in favore di una visione panoramica sul mondo, sul futuro, che sia ariosa, luminosa, e -finalmente- normalmente felice.

Anche solo per un po’, certo non per sempre (non è un film!), giusto il tempo di non far appassire la speranza, motore per afferrare la vita che sarà, da raggiungere di corsa, a pieni polmoni, oltre quel corridoio, oltre quel portone di vetro,

come il ragazzino che, rincorrendo la libertà, fuggiva andando incontro al mare…

 

 

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