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Sette giorni a maggio

Regia di John Frankenheimer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sette giorni a maggio

di rocky85
8 stelle

In un futuro imprecisato, il presidente degli Stati Uniti Jordan Lyman (Fredric March) ha ratificato con l’Unione Sovietica un patto per la riduzione delle armi nucleari. L’opinione pubblica è divisa tra le rappresentative pacifiste, soddisfatte dall’accordo, e i sostenitori dell’estrema destra, impauriti da possibili violazioni del patto da parte dell’URSS. Il generale James Mattoon Scott (Burt Lancaster), capo di stato maggiore delle forze armate e probabile futuro candidato alla presidenza, è uno dei più fervidi oppositori, convinto che “un patto di disarmo con l’Unione Sovietica sia per lo meno un atto di ingenuità, se non un’imperdonabile negligenza”. Il suo fedele collaboratore, il colonnello Martin “Jiggs” Casey (Kirk Douglas), insospettito da alcuni comportamenti del generale e da alcuni strani messaggi in codice, scopre l’esistenza di una base segreta nel deserto del Texas, della quale è all’oscuro anche lo stesso presidente. Cosa sta tramando Scott?

Un anno dopo Và e uccidi, Frankenheimer prosegue il suo discorso sulle paranoie indotte dalla guerra fredda, e realizza un altro impeccabile thriller fantapolitico nel quale le inquietudini presenti nell’opera precedente prendono forma e un nome, "colpo di stato", e si trasferiscono nelle segrete stanze del potere. I promotori sono quegli alti ufficiali che dovrebbero servire la Nazione ma che, dall’alto di una idea personalistica di "democrazia", si sentono in dovere di cambiare le sorti del loro paese. “Lei non è soltanto un debole, lei è criminalmente debole!”, tuona il guerrafondaio generale Scott al suo Presidente, ritenuto alla stregua di un perdente dall'impettita e poderosa classe militare. Realizzato poco prima dell’assassinio di Kennedy e posticipato di qualche mese proprio per non rimandare alla memoria il tragico avvenimento, Sette giorni a maggio è un film importante per comprendere e capire il clima angoscioso che si respira nell’America degli anni Sessanta, i timori, le angosce e le speranze di un popolo intero.

A differenza di quanto fatto in Và e uccidi, Frankenheimer utilizza uno stile molto più classico e sobrio, visivamente meno inventivo, privilegiando gli spazi angusti delle stanze del Pentagono. Con una regia nervosa, un montaggio serrato e senza quasi accompagnamento musicale, ricostruisce un’atmosfera claustrofobica e quasi teatrale nella quale prevalgono l’attesa asfissiante ma soprattutto lo scontro dialettico tra i personaggi. La sceneggiatura di Rod Serling, in tal senso, è sicuramente un elemento importante dell’opera, anche se a tratti ne costituisce un limite virando verso una eccessiva verbosità. Ne risente specialmente il personaggio del Presidente Lyman, tendente ad una retorica un po’ troppo marcata (“Non sono loro il nemico. Il nemico è un era… l’era nucleare!”). Fondamentale l’apporto degli attori, tutti di gran classe e raffinatezza (davvero consigliabile guardarlo in versione originale per apprezzarne l'intensità recitativa). Bravissimo Fredric March, bellissima come sempre Ava Gardner, nel ruolo della ex amante di Scott, che Casey è costretto ad "usare", pur essendone innamorato, per cercare qualcosa di sconveniente nella retta reputazione del generale. Ma su tutti spiccano Burt Lancaster e Kirk Douglas, al loro quinto film insieme. Legati da profonda amicizia nella vita reale, i due attori delineano perfettamente il rapporto tra l'imponente generale ed il suo fedele collaboratore, rapporto destinato a crollare nel momento in cui Casey vede la fine del suo "mito".

“Lei è un ladro di galline, un ambulante che vende informazioni. Conosce abbastanza la Bibbia per sapere chi era Giuda?”

"Si, io so chi era Giuda. Era un uomo per cui lavoravo e che ammiravo, finchè non disonorò le quattro stelle che portava!”.

 

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