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Sette giorni a maggio

Regia di John Frankenheimer vedi scheda film

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La recensione su Sette giorni a maggio

di Baliverna
8 stelle

Bello e interessante questo film di fantapolitica, girato nel periodo di massima corsa agli armamenti atomici e tutt'altro che campato per aria. Del resto avevo già visto "Va' e uccidi" e conoscevo già l'abilità del regista su queste tematiche.
E' un film abbastanza parlato; ciò non di meno è avvincente e teso, e i dialoghi si seguono volentieri perché sono ben scritti.
Quello che mi è più piaciuto è stato l'equilibrio e l'intelligenza del regista nel trattare un argomento così complesso, che si può anche definire un terreno infido: come non scivolare, ad esempio, in un banale film anticomunista o antiamericano? Come non cedere ai didascalismi e ai manicheismi, che i registi italiani degli anni '70 tanto amavano? La linea dell'equilibrio è sottile, e Frankenheimer l'ha centrata. Di chiaro c'è tuttavia la netta avversione per la corsa agli armamenti atomici tra USA e URSS per il concreto pericolo di un'ecatombe nucleare, punto sul quale credo tutti possiamo essere d'accordo. Come in "Va' e uccidi" viene puntato il dito su categorie di persone che mettono molto a rischio la "pace" tra le due superpotenze: queste, per di più, credendo di agire nell'interesse degli Stati Uniti, finiscono per fare quello del nemico. In "Va' e uccidi" erano i maccartisti, in questo film sono i vertici militari. A questo proposito è fondamentale la frase che il presidente sbatte in faccia al generale: "I russi, venendo a sapere di colpo di stato militare, attaccherebbero senza indugio, e sarebbe la fine per entrambi". Questa ipotesi mi sembra molto realistica, ed è apprezzabile anche perché, con molto equilibrio, si discosta dalla teoria - che pure talora si sente - che il pericolo di un attacco da parte dell'Unione Sovietica fosse infondato, e frutto di paranoia e propaganda. Frankenheimer sembra amare sinceramente il suo paese, ma proprio per questo lo mette in guardia da fanatismi e fanatici, e da errori fatali.
Douglas e Lancaster sono bravi, ma tra i due vince il primo, che dà vita ad un personaggio complesso e sfumato: pur amando l'esercito e non fidandosi dei russi, considera un colpo di stato militare come una pericolosa follia. E' bravo anche quando è costretto a ingannare l'amica per carpire le informazioni segrete. Lancaster, dal canto suo, interpreta comunque bene un generale ottuso, esaltato e megalomane.
Nonostante la presenza dei due divi e il fatto che il film sia avvincente, pare che sia caduto nel dimenticatoio. Inoltre, è ancora attuale, perché il pericolo di una guerra atomica è tutt'altro che scongiurato.

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