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Pride

Regia di Matthew Warchus vedi scheda film

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La recensione su Pride

di harrygoldfarb
8 stelle

                                                  

Pride (2014): Trailer ufficiale italiano

  

 

Gli anni '80 in Inghilterra, in piena era Thatcher, l'unione nazionale dei minatori (NUM) è in sciopero, L'AIDS fa la sua comparsa sui tabloid e gli attivisti gay preparano i pride per le vie di Londra. Questo è lo scenario che ci profilano Matthew Warchus ed il suo film "Pride", mescolando le carte con la comicità di stampo britannico alla Peter Cattaneo di "Full Monty" o alla Ken Loach di "Un bacio appassionato".

Joseph Gilgun, Sophie Evans, Andrew Scott, George MacKay, Ben Schnetzer, Freddie Fox

Pride (2014): Joseph Gilgun, Sophie Evans, Andrew Scott, George MacKay, Ben Schnetzer, Freddie Fox

 

 

"Pride" è una pellicola che in sè nasconde il fuoco del cinema puro, a volte ingenuo ed altre più smaliziato. La partenza è pirotecnica ma piena di stereotipi nelle immagini degli omosessuali, quasi caricaturale nel raccontare i loro personaggi e le loro battaglie, ma con quella genuinità piena di passione per il cinema che piuttosto di far apparire il tutto trito, e magari anche stucchevole e fastidioso, ha un effetto opposto, risultando sin dai primi dialoghi fresco e genuino. E la linea narrativa del film si evolve assieme alla storia ed ai suoi protagonisti, partendo dalla voglia di vivere e di esprimere il proprio orientamento sessuale che esplode in manifestazioni goliardiche e dialoghi pittoreschi. Pian piano che il film scorre inizia ad acquisire maturità, come se crescesse la consapevolezza che quella che si sta raccontando è una storia importante che merita degli acuti di serietà, senza che però si appesantisca la situazione. Quando la LGSM (Lesbiche e Gay sostengono i Minatori), associazione nata quasi per gioco, con quella ingenuità di inizio film, decide di andare in Galles a sostenere la protesta dei minatori, in sciopero ad oltranza contro l'odiata Margaret Thatcher, il film cambia, rimane divertente ma più attento e preciso. L'incontro, realmente avvenuto, non può che essere difficile, perchè contrappone la comunità dei minatori dove regna il machismo (non in casa), con quella opposta degli omosessuali. Ed è proprio in quel momento che il film prende assoluta consapevolezza di ciò che è e di dove può arrivare, e racconta una storia di integrazione tra due comunità che hanno un nemico comune, la discriminazione dello Stato che tratta entrambi alla stregua dei nuovi Miserabili, e che riescono a riscoprirsi attraverso le persone e non le etichette o i titoli dei giornali.

 

La cosa importante da sottolineare è che non si tratta di una pellicola priva di retorica, che purtroppo è difficile da schivare in film come questi, tuttavia è dosata con cura e inserita nei punti giusti e nei momenti perfetti. Il film è la storia del grande gay pride di Londra del 1984, di quando tanti minatori sfilarono al fianco delle comunità gay e di quando insieme cambiarono la storia (il voto del sindacato dei minatori fu fondamentale per l'introduzione dei diritti degli omosessuali in Ighilterra). Ma "Pride" è la storia di uomini che hanno rischiato tutto per difendere il diritto al lavoro, di tanti ragazzi omosessuali non accetati dalla società e, tragicamente, dalle famiglie, tacciati di essere pervertiti e malati, di tanti ragazzi costretti ad andar via di casa, è la storia delle persone, non di un evento storico. E’ la storia di Siân James, prima donna deputata nelle file laburiste per Swansea; di Mark Ashton, morto a 26 anni ma che ha dato tutta la sua breve vita per la lotta per i diritti delle persone; di tutti quei minatori, la cui sconfitta, saggiamente messa in secondo piano nel film, non ne minò lo spirito, e di tutti gli omosessuali che vengono picchiati, odiati, cacciati. E un film talmente attuale da mettere i brividi, ma è talmente intelligente da smorzare i toni, far sorridere pur calandosi nella storia, e nel finale non esistono vinti e vincitori, ma un messaggio di speranza. Tutta l’essenza del film esplode quando le donne della piccola cittadina del Galles iniziano a cantare la poesia di James Oppenheim, "Bread and Roses" (che tra l'altro fu anche il titolo di un film di Ken Loach), ed in quel momento la pellicola sfonda lo schermo per entrare nello spettatore.

 

"Le nostre vite non dovranno essere sudate

dalla nascita fino alla fine.

I cuori han fame così come i corpi:

Dateci il pane, ma dateci anche rose!"

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