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La santa

Regia di Cosimo Alemà vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La santa

di SredniVashtar
8 stelle

La Santa è uno splendido esempio di film “piccolo”, girato con pochi mezzi ma molte idee. Non lo definirei giallo, horror o drammatico: secondo me il campo è quello sociologico. Spiega molto bene, per iperboli, il rapporto della popolazione con le Credenze, i Simboli, il valore totemico dei feticci. Scosta il velo dell’ipocrisia sull’autentico significato di alcune usanze tradizionali, sempre ammantate di un Bene tale solo in superficie e dietro al quale invece si radicano credenze istintive e brutali, assai più vicine al buio della ragione che a un’elaborazione dell’idea di carità cristiana. La statua della santa, in questo contesto, vale quanto un’effige di Baal o di qualunque altro oggetto di culto pagano, e viene difesa di conseguenza non in nome dei valori che apparentemente rappresenta, bensì di quelli che le sono stati attribuiti dalla comunità. La statua è né più né meno che la bandiera di un culto completamente laico, qui l’identità di un territorio (un paesino del Salento).

 

Il film illustra quale sia il prezzo da pagare per “non aver capito il contesto”. I quattro disgraziatissimi ladruncoli si trovano a fronteggiare uno shock innanzitutto culturale; il loro gesto inconsulto e sprovveduto risveglia mostri molto peggiori di loro e svela trame assai più sofisticate dell’ingenuo progetto di furto. A capire l’enormità dell'errore è solo il capobanda, di per sé già più sfaccettato psicologicamente rispetto al classico banditucolo di pura azione, che alla fine si arrende agli eventi nella piena consapevolezza di aver innescato una sorta di reazione nucleare incontrollabile. Bella la scena della resa finale, dove alza le mani per offrirsi al sacrificio. Gli altri tre poveracci sono solo carne da macello, che puntualmente avviene con diverse declinazioni di brutalità. Al fornaio il regista assegna il compito di spiegare a uno dei banditi in che razza di tana di lupi si siano cacciati, ma il suo messaggio è in realtà più diretto agli spettatori che allo sfortunato malvivente. Come dicevo all’inizio, il film è sociologico, e il suo messaggio è che le apparenze ingannano e chi si ferma a esse rischia grosso. In una delle prime scene, uno dei quattro banditi pone la giustissima domanda: “Se è così facile rubare la statua, perché nessuno ci ha ancora provato?”. Sarebbe stato il caso di rifletterci un po’ di più.

 

Ho trovato questo film sottile, mai banale, logico e perfettamente consequenziale. Gli attori dimostrano capacità recitative che spingono a domandarsi perché esistano gli Scamarcio, i Vaporidis, gli Accorsi e compagnia simile, e come abbiano il coraggio di mostrarsi in pubblico.

 

Un Bravo! senza indugi.

 
 
 
 
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