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The Nightingale

Regia di Philippe Muyl vedi scheda film

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La recensione su The Nightingale

di OGM
7 stelle

Nonno, lasciami volare ancora un po’. È la supplica della piccola Renxing. Ma questa non è la solita tenera scenetta da favola televisiva familiare. Il romanticismo di questa storia è striato dalla rabbiosa freddezza della modernità, che ci induce a correre non per scappare lontano, ma solo per stare da soli, per andare dietro ad obiettivi scontati, per trovare una pace illusoria. La città è la gabbia da cui non si vuole uscire. Si rimane dentro, sbattendo contro le pareti, lasciando che il tempo passi inutilmente, e che, con esso, si consumi la nostra voglia di cantare. Soltanto là fuori, nell’immensità della campagna in cui ci si perde subito, è possibile che un uccello non invecchi mai, che non muoia, che continui per sempre ad intonare la sua melodia. Il miracolo dell’amore, per realizzarsi, ha bisogno del fertile terreno della libertà.

 

Baotian Li, Xinyi Yang

The Nightingale (2013): Baotian Li, Xinyi Yang

 

Questa è la lezione che il racconto di Philippe Muyl ci impartisce con il linguaggio solare e colorato della natura; in mezzo ai grandiosi paesaggi cinesi (la foresta di bambù, le risaie, i fiumi e le cascate) lo sguardo si perde sognante, dimenticando i limiti architettonici e le frenesie produttive della civiltà urbana, dove tutto è schematico e programmato, persino i termini e il decorso di un legame coniugale. Improvvisare ed avventurarsi nell’ignoto è l’atto coraggioso compiuto da un vecchio e dalla sua nipotina, che lo accompagna in un viaggio nel passato, il cui itinerario è tutt’altro che predeterminato, ed è inaspettatamente spalancato sul futuro: quello della vita che finisce solo in apparenza, perché prosegue, perché forse si annida nei cuori di chi resta, o forse invece si va a scrivere in cielo, seguendo le traiettorie di un volteggio. È infantile ed arcaica la poesia di questo pensiero, che raffigura l’eternità come un luogo che è di tutti e di nessuno,  che non ha nome, e si incontra, semplicemente, per caso, a metà della strada. Quell’idea racchiude l’idillio pastorale del paradiso terrestre, che sottolinea le opposte estremità dell’esistenza (la fresca fantasia della bambina e la languida nostalgia dell’uomo al tramonto) e coincide con il leggendario ed immortale paese che non c’è: un posto immaginario che si può portare sullo schermo anche senza il coreografico intervento della magia, sfrondandolo di ogni riflesso utopistico,  per restituirne intatto il primitivo incanto. L’Oriente, per una volta,  si fa piccino, per ricondurre la sua filosofia alle battute iniziali di una storia che, mettendo da parte il metallico balbettio della tecnologia, sa riscoprire la bellezza dei primi vagiti dell’essere.  Il mito è un sapiente composto di misticismo ed ingenuità: un usignolo muto che, cresciuto senza la madre, non ha mai imparato a gorgheggiare, è la terra vergine su cui, con paziente dedizione, si può far sbocciare una musica ricavata da un ramo.    

 

 

The Nightingale ha concorso, come rappresentante della Cina, al premio Oscar 2015 per il miglior film straniero. 

 

Xinyi Yang, Baotian Li

The Nightingale (2013): Xinyi Yang, Baotian Li

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