Regia di David Fincher vedi scheda film
Chi sostiene che il matrimonio sia una cosa difficile, ingestibile o, magari, un inferno totale, troverà senz'altro in Gone girl un manifesto importante. David Fincher è un regista che sa dirigere e amalgamare con sorprendente maestria la spietata vena fisica, psicologica e sociale dei suoi film: Seven, The game, The Social Network Movie sono gli esempi più celebri. Nik (Ben Affleck), scrittore non troppo ispirato, sposa Amy (Rosamund Pike), donna sopra la media, impegnata e intelligente. All’inizio è passione vera, poi qualcosa cambia, s'incrina, fino al punto che Nik, rincasando, troverà una spiacevole novità. Fincher dà spazio alla sua tecnica manipolatoria partendo da un racconto credibile, ad alto contenuto emotivo, per poi innescare, col tempismo degno del grande thriller, il puntuale depistaggio, disorientando lo spettatore nei meandri della finzione e dell’ambiguità in una maniera quasi hitchcockiana. In questi passaggi Fincher si fa superlativo: le inquadrature, i tagli, la suspense che ne deriva, sono elementi di un’arte che supera di gran lunga i personaggi e le loro storie. E Fincher costruisce questo complesso meccanismo filmico avvalendosi della più sopraffina crudeltà. Quella di Gone girl, infatti, è una crudeltà a tutto tondo. Una crudeltà che parte dalle intime mura domestiche di una coppia, per arrivare fino all’ingenuità provinciale di una mite cittadina, dove la sensibilità comune della gente viene ingannata da un esercito di media aggressivi e sensazionalisti. È un modello culturale sulla scia dei reality, quello descritto da Fincher. E in questa cerchia di illusioni, vendette, ipocrisie, dove c’è mancanza d’amore e speranza, Gone girl include forse qualche elemento di troppo, che, inevitabilmente, rimane lì sospeso nella sua nuvola d’improbabilità. Cast eccellente, nonostante Ben Affleck che, nella sua rispettabile carriera cinematografica, ha dimostrato di possedere molta più virtù dietro la cinepresa che davanti.
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