Espandi menu
cerca
Belluscone - Una storia siciliana

Regia di Franco Maresco vedi scheda film

Recensioni

L'autore

OGM

OGM

Iscritto dal 7 maggio 2008 Vai al suo profilo
  • Seguaci 205
  • Post 123
  • Recensioni 3128
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Belluscone - Una storia siciliana

di OGM
8 stelle

Franco Maresco è scomparso. Svanito il suo sguardo cinico, di lui è rimasta solo una voce fuori campo. Ora sta lì, dietro le quinte, ad esprimere dal buio il suo sbigottimento inquisitore. Inquisisce, ma non dissacra, perché di sacro non c’è più nulla. Tutto è prosaicamente democratico, nazional-popolare, alla portata della dabbenaggine di ognuno. Sono crollati tutti i tabù. Tranne uno. Quello che protegge il mistero della Trinacria felix, una grande isola che è piena di zone grigie,  infestate dall’ignoranza, dalla criminalità organizzata, dall’omertà,  eppure canta e ride nelle feste di piazza. Che non ha alcuna fiducia nello Stato, che rifiuta la politica, e intanto inneggia a Berlusconi al ritmo dei brani neomelodici. Il volto turpe della realtà siciliana si tinge dei grassi colori delle sagre paesane, mentre il suo solitario osservatore si tira indietro attonito, intimorito dalle esplosioni di una rabbia così gioiosa, di una serenità così graffiante. Nei momenti di riflessione, bisogna tornare al bianco e nero, per mettere meglio a fuoco la situazione, per isolare i soggetti da quel contesto urlante che fa girare la testa. Solo allora l’impresario Ciccio Mira è veramente lui: un paio di truci occhi sporgenti da una faccia coriacea, due labbra carnose, una maschera che, a tratti, per fare la dolce, si rattrappisce, intorno ad un mezzo sorriso, assecondando un vezzoso accento di timidezza.

 

 

Ciccio Mira

Belluscone - Una storia siciliana (2014): Ciccio Mira

 

Il senso ultimo della storia è scoprire che la verità è racchiusa in quella scorza così dura e scabra, nel cui fondo giacciono le confidenze degli amici pericolosi, mentre la superficie è graziosamente increspata dal frivolo consenso della gente. Il segreto, per vivere bene, è avere un cuore immenso e spalancato, sotto una testa completamente sgombra. Il cineasta, abituato a farsi travolgere da storie caotiche, debordanti, incongruenti, questa volta rimane atterrito dalla desolante vastità di quel contenitore vuoto: una voragine affamata che è di bocca buona oltre ogni limite, tanto da lasciarsi voluttuosamente riempire di qualunque immondizia.  Maresco,  davanti a tanto orrore, ha forse preferito darsela a gambe. Non ha resistito alla distruzione dell’ultimo poetico impeto di umanità: quella trogloditica estetica delle funzioni corporali che, nella sua spiazzante genuinità, sapeva celebrare il mitico ritorno alla terra madre del cencioso profugo dell’era moderna. Adesso, ogni individuo è invece pazzescamente intriso di presente, di voglia di cogliere l’attimo, di divertirsi con i sogni che durano quanto uno slogan ed uno spot, quanto una canzonetta ed il suo videoclip.  Non si parla più, ma non per timore di dire, bensì per la paura di dover pensare. La regola è esistere fuori da sé, dalla propria coscienza, dalla percezione dei fatti del mondo, perché solo così si riesce a buttarsi nella mischia e partecipare senza problemi al gioco. Maresco non lo crede possibile, e quindi continua ad indagare, sino a finire travolto dalle più terrificanti conferme che le cose stanno proprio così. Il Cavaliere piace perché promette, non perché mantiene. Perché, con le sue origini oscure, solleva tutti dall’onere di ricordare il passato. Perché con le sue plateali certezze dell’oggi scongiura il pericolo di essere assillati dal dubbio sul domani. Su ciò che non esiste non c’è ragione di mettersi a discutere. Le parole inventate (bunga bunga, bonghi bonghi) sono le uniche veramente egalitarie, che dal discorso non tagliano fuori nessuno, nemmeno gli analfabeti, quelli che non conoscono il vocabolario. Maresco, però, non ci sta, ed insiste a far parlare i suoi personaggi, li chiama con nome e cognome, li costringe ad essere chiari e concreti. Tuttavia il suo esperimento, donchisciottescamente, sfuma nell’allegra incuranza dei tanti adepti ad uno strafottente culto del silenzio.  La sua battaglia declina fantozzianamente nella iella di essere incompresi, non solo come geni, ma anche come idioti.  Maresco non c’è più, c’è ormai solo la sua idea. Non c’è nemmeno più Berlusconi, anche se per molti è visibile ovunque, soprattutto nelle proiezioni della magia, della leggenda, della religione. L’uno è ombra, mentre l’altro  è Luce. Intanto è calata la notte; e mentre le folle si crogiolano al sole dell’immaginario televisivo, un piccolo uomo, dalla barba ingrigita, è andato nel bosco a cercare la luna.  

 

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati