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Fury

Regia di David Ayer vedi scheda film

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La recensione su Fury

di mc 5
10 stelle

Non avrei mai immaginato che un film di guerra mi avrebbe potuto tanto appassionare. Perchè è bene premettere che i film dotati di sfondi bellici non mi hanno mai conquistato, dalle varie "Ardenne" fino al "Soldato Ryan" e infatti ho sempre cercato di evitarne la visione, e credo questo sia dovuto al disagio che mi provoca anche solo il pensiero del Conflitto tra Uomini. Eppure le gesta di guerra sono parte alta di tanta letteratura e certo anche di tanto cinema. Ah, ora che ci penso, un'eccezione (splendida eccezione) l'ho fatta per il doppio capolavoro intorno a Iwo Jima, ma lì era diverso, lì c'era di mezzo il Maestro Eastwood. Insomma io penso che una parte di me che tende al rifiuto della violenza bellica mi porti a rimuovere anche la rappresentazione artistica del Conflitto. Ebbene, anche nel caso di questo lavoro firmato da David Ayer, ho superato questa mia ritrosia e ho potuto dunque godere di un film molto bello. Diciamo che quest'opera non aggiunge nulla di nuovo a quanto (in cinema e in letteratura) è stato detto contro la malvagità dell'uomo contro l'altro uomo, ma questo essenziale messaggio viene espresso con particolare efficacia e poi -ne sono convinto- queste tesi qui veicolate non sono mai in eccesso, nel senso che è auspicabile che se ne ripetano i principi, che si tenga sempre alta la guardia. Perchè il Pacifismo non è una cosa sciocca da boy scout cattolici, o da progressisti con la bandiera della pace....è qualcosa di più intimo, è -per esempio- contrastare l'aggressività nei rapporti umani, cercare ad ogni occasione un dialogo anzichè uno scontro. Ma mi fermo qui, perchè è un discorso che ci porterebbe lontano, ma lasciatemi dire un'ultima cosa: esistono in giro troppi fanatici (e badate che non li sto affatto identificando in una parte politica) che si ESALTANO accarezzando un'arma o -molto peggio ancora- si ESALTANO giocando alla Guerra nei boschi nel week end. Insomma: o si è pacifisti del tutto o non lo si è, e chi ha scelto le armi e la guerra simulata, per quanto mi riguarda NON LO E'. Chiuso e torniamo al film. Che ci mostra l'inferno in cui può precipitare l'uomo quando è spinto dalla guerra a diventare Animale, parte di un quadro in cui non esiste più la dignità, la coscienza, il rispetto, ma solo e soltanto l'avere la meglio sul nemico ad ogni costo. La camera di David Ayer riprende dettagli terrificanti, tipo brandelli di corpi umani appena riconoscibili in un'orgia di percorsi colmi di fango su cui passano i cingolati dei carri armati, oppure cadaveri impiccati ai tralicci con appesi al collo lugubri messaggi di morte. Eh beh, non è certo un film allegro "Fury", ma è un film "giusto", che mostra quello che deve mostrare, senza remore e senza faziosità: la Realtà della Guerra è quella, e non si scappa, è solo merda e puzza di cadaveri. Mi sono incuriosito e ho cercato il curriculum di questo regista, scoprendo che tra i suoi primi lavori c'è anche la sceneggiatura del primo Fast and Furious (il che non depone a suo favore dal mio punto di vista) ma poi pare abbia dedicato tutta la sua arte ad indagare sui risvolti della Los Angeles Police Department, realizzando film sì, muscolari e d'azione, ma molto professionali e animati da un senso d'umanità rara a vedersi in ambito di racconti polizieschi. Insomma Ayer è votato a raccontare storie d'amicizia virili ma eludendo quasi sempre meccanismi fascistoidi e superomistici. Siamo nel 1945, il secondo conflitto mondiale declina verso la sua fine. il Sergente Don Collier guida uno sparuto manipolo di uomini che si muovono con affanno nelle retrovie cercando di eliminare le ultime resistenze tedesche. Costui è animato da un senso di "indifferenza" che egli indossa come una corazza, sempre sicuro di ciò che deve fare, ma allo spettatore appare chiaro che si tratta di una maschera che nasconde paura e orrore. La sua è in tutta evidenza una Missione Suicida, la sua e dei suoi scalcinati uomini, a cui si aggiunge una goffa giovane recluta che alimenta una chiave da "romanzo di formazione" (formazione tragica e disperata). Dicevo all'inizio che il film si colloca nella già ampia galleria di prodotti critici verso la guerra ma qui c'è in più una radicalità e una brutalità che inchiodano lo spettatore alla poltrona, forse anche turbandolo. Nel film è presente una lunga sequenza centrale che si svolge all'interno di un appartamento di una casa tedesca: su questa scena non vorrei spiegare troppi dettagli, dico solo che è realizzata in modo superbo, coi tempi giusti, le facce giuste, i movimenti giusti, a garantire una tensione inesprimibile, io mi sono quasi commosso e ne lascio a voi il giudizio. Brad Pitt semplicemente meraviglioso, in una delle sue prestazioni più riuscite (la più riuscita?). Ma anche gli altri sono grandiosi, da Michael Pena a Shia LaBeouf. Peraltro (ma c'era da immaginarselo) Pitt appare anche in veste di produttore. Decisamente un film "di peso". Che non so che vita potrà avere tra terremoti milionari e ragazzotte canterine.

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