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Fury

Regia di David Ayer vedi scheda film

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La recensione su Fury

di amandagriss
8 stelle

 

Il tempo di morire.

Un canto corale cadenzato, nella lingua del nemico, accompagna le gesta di un manipolo di soldati americani.

È presagio di morte, e riecheggia potente nel cielo terso trafitto da uno stormo di aerei in guerra.

Quella che si combatte sulla sudicia terraferma, con ogni arma a disposizione, perfino a mani nude.

Quella che col suo carico di ferocia e follia ci catapulta all’istante in un’altra dimensione.

Un girone infernale, privo di suoni che non siano l’incessante fracasso delle lamiere e la polvere da sparo esplosa.

E privo di colori. Solo il rosso del sangue che si confonde con il fango.

Quando in mezzo al nulla un pianoforte intona una melodia, ritorna il mondo come lo conoscevamo, e ci sembra di poter afferrare la vita di un tempo, mangiare stando seduti attorno ad una tavola imbandita, distinguendo di nuovo i colori e i sapori, gustando la bellezza di essere normali.

Ma è un attimo, un flebile miraggio.

La guerra non lascia fuori nessuno e non concede lunghe pause dalle devastazioni che elargisce a piene mani.

Infesta l’anima, e le sue aberrazioni sono come lame roventi conficcate nella carne.

La grazia e la bellezza non possono sopravvivere.

E noi non riconosciamo più nulla di quello che credevamo di conoscere.

E non ci riconosciamo più.

È arduo, anzi impossibile, rimanere uno spirito puro quando tutto intorno è morte, distruzione, violenza.

Quando l’umanità smette i panni della compassione e imbraccia un fucile.

Quando siamo costretti ad odiare ed uccidere perché non ci venga riservato il medesimo trattamento,

quando le atrocità le viviamo in prima linea, sulla nostra pelle,

… ed un momento prima sei lì e stai ridendo e quello successivo giaci a terra freddato…

quando è inutile girarci dall’altra parte, perché tanto l’orrore è lo stesso ovunque noi guardiamo,

quando non riusciamo ad abbassare gli occhi mentre un camion ripulisce la strada di decine e decine di cadaveri trucidati.

La puzza di merda e di marcio sembra l’unico odore possibile.

L’unico che ci portiamo addosso.

È arduo, anzi impossibile conservarci quelli di prima quando si è indossata la divisa, oramai una seconda pelle,

quando il carro armato in cui siamo stipati diventa la nostra nuova casa, e forse, anzi sicuramente,

diverrà pure la nostra tomba,

quando alla fine non ci troviamo poi così male nei nostri nuovi panni.

Quando la disperazione si fa insostenibile e ciò che resta di noi lo affidiamo a dio -che magari osserva ma di certo non interviene-, aggrappandoci a lui colmi di speranza mista a motivata rassegnazione, saturi di paura e di risentimento insieme.

Quando capiamo nel profondo di non poter più tornare indietro.

Anche se dovessimo uscirne vivi, rimarremmo fino all’ultimo respiro prigionieri di questo inferno maledetto che ci scortica vivi, ci marchia a fuoco.

 

Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña, Jon Bernthal

Fury (2014): Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña, Jon Bernthal

 

David Ayer firma il suo film più bello.

Ci regala un robusto war movie pregno di autentico umanesimo.

Acre, disturbante, disincantato ma ostinato a preservare un’anima, a dare un senso al suo martirio,

dove l’eroismo è un atto inconsapevole, il risultato ultimo di una presa di posizione estrema all’interno di una situazione critica che non lascia scelte. O più precisamente che induce a scegliere la soluzione umanamente più difficile ma moralmente la più facile, la più sensata e naturale da prendere.

 

Al contrario della tendenza attuale da parte del genere bellico, ambienta le ostilità nell’Europa della seconda guerra mondiale. L’incubo nazista.

Forse perché quella combattuta 70 anni fa è la madre di tutte le guerre contemporanee, quella che più di qualsiasi altra guerra è fissata nell’immaginario collettivo, quella che ci dà la misura esatta delle nefandezze che un conflitto armato è in grado di perpetrare.

E perché guardando indietro, ad eventi passati e sedimentati, è più facile munirsi di uno sguardo obiettivo che permetta di comprendere, lucidamente, che la guerra vive e si nutre di ragioni che la ragione non conosce.

E, in fondo, perché tutte le guerre si assomigliano.

 

Fury si lancia sul campo di battaglia, nel fuoco incrociato, tra i caduti sui fronti opposti.

Niente buoni né cattivi, solo uomini contro altri uomini.

In balìa del fato, della fortuna, se vogliamo, del buon dio.

O di un gesto generoso, "perbene", umano, inaspettato.

 

Un film necessario come lo sono quelle pellicole che scavano nel passato per non rimuovere il ricordo.

Perché la storia è un grande libro aperto.

Tocca a noi sfogliarlo e prestargli l’attenzione che merita.

 

 

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