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Interstellar

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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Holger Danske

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Interstellar

di Holger Danske
5 stelle

RECENSIONE DEL FANTAFILOSOFO.

Come ebbe a dire una volta Isaac Asimov, stigmatizzando la moda “Star Wars” che imperava alla fine degli anni Settanta, “Un film di fantascienza non dovrebbe essere soltanto un buon film, ma anche della buona fantascienza”. Asimov aveva idee piuttosto rigorose su cosa fosse della “buona fantascienza”, e in queste erano comprese cosette assai ostiche agli sceneggiatori cinematografici, tra cui la logica della trama, la verosimiglianza scientifica e, soprattutto, l’originalità e la tenuta della speculazione fantascientifica. A tutto questo, possiamo aggiungere un ulteriore definizione: la fantascienza è quel genere (letterario, cinematografico…) che analizza il rapporto tra l’uomo e i nuovi orizzonti sociali, cognitivi e cosmici dovuti allo sviluppo presente e futuro della scienza. È quindi un genere che impone un continuo passaggio da vecchi tolemaismi a nuovi copernicanesimi; è un genere che ci mette di fronte a scelte rivoluzionarie, che ci impone di rivedere continuamente la nostra concezione dell’uomo come individuo e come specie. (Al contrario del thriller, in cui le crisi  vengono sventate all’ultimo secondo e lo spettatore viene rassicurato e ricondotto all’ordine costituito, una buona storia di fantascienza inizia dalla crisi, di cui vuole mostrarci l'esito: la rottura, il cambiamento, l’adattamento e, se necessario, l'apocalisse.)

Interstellar avanza tematiche complesse, ci gioca, le adula, ma non ha il coraggio di affrontarle fino in fondo. Il film, a dire il vero, parte benissimo. La descrizione di un’umanità decadente, rassegnata, priva di slanci e richiusa su sé stessa, è interessantissima; la minaccia dell’estinzione è svolta con un pacato orrore che non si vedeva forse dai tempi di Quintet. Il viaggio nello spazio è svolto con un realismo e un’attenzione scientifica veramente rari nel mondo del cinema (che bello, vedere applicata una dinamica newtoniana pura! che bello, l’assenza di suoni nel vuoto!), e l’estremità sferica del ponte di Einstein-Rosen è affascinante. Poi arriva il viaggio nel wormhole… e iniziano i problemi.

Tanto è realistica la prima parte del viaggio, tanto è piena di buchi scientifici la seconda parte… buchi che trasgrediscono le premesse… ma non è di questo di cui voglio parlare.

“Dobbiamo smettere di pensare al presente e ragionare al nostro futuro come specie” è il cuore etico del film, esemplificato da una battuta messa in bocca a Michael Caine (che è sempre grandissimo!). Buona parte del film è basata sul contrasto tra il Piano A e il Piano B. Salviamo l’umanità che conosciamo, oppure salviamo l’umanità tout-court (spedendo ovuli fecondati sui altri pianeti)? I due punti di vista sono esemplificati da Matthew MacConaghey, che pensa soprattutto ai suoi figli rimasti sulla Terra, e Michael Caine, che porta sulle spalle la responsabilità del futuro della specie umana. In realtà, si scoprirà, non vi è alcuna scelta: il Piano A, per essere realizzato, richiede una fisica che (ancora) non esiste. Michael Caine ha mentito, ha illuso i suoi compagni sulla fattibilità del Piano A, in modo da spingerli a concludere almeno il Piano B. Il film è (ovviamente) dalla parte di Matthew MacConaghey; sostiene i rapporti familiari, l’amore paterno e quello romantico; il progetto di Michael Caine, al contrario, è stigmatizzato come presuntuoso, gelido, inumano.

Ma sebbene questa sia la scelta più condivisibile, in termine di appello ai facili sentimenti degli spettatori in sala, era la scelta migliore? Non intendo se migliore eticamente (su questo possiamo discuterne), ma a livello cinematografico. A livello di domanda filosofica, di provocazione fantascientifica.

La risposta, amio avviso, è: no. Nolan ha cercato la simpatia del suo pubblico e gli ha fornito una risposta preconfezionata, consolante, ma assai poco interessante. Non ha avuto il coraggio di porre i suoi spettatori di fronte a un dilemma etico tanto spiazzante quanto più richiedeva una sorta di riprogrammazione delle nostre priorità: sareste disposti ad accettare la fine dell’umanità sulla Terra (comprese le persone che amate) ma di lavorare per la nascita di una nuova umanità su un altro mondo?

Non dico che la risposta dovesse essere per forza “sì”. Come ho detto, si può discuterne. Ma in filosofia (e in fantascienza), certe domande sono più interessanti delle risposte. E la risposta che Nolan offre (impone), alla fine è piuttosto reazionaria: la nostra vita, e quella dei nostri figli, è più importante del nostro futuro come specie.

Risposta di portata rionale, non certo cosmica, e che possiamo accettare come propaganda politica berlusconiana, non come provocazione fantascientifica.

Ricordo che, di fronte a un dilemma del genere, nel ’68, Kubrick aveva dato una risposta assai più coraggiosa. 2001: Odissea nello Spazio si chiude sotto gli auspici del Bambino delle Stelle, con la nascita di una nuova umanità e il superamento della nostra, destinata a fare la fine degli australopitechi. Ed è anche per questo che il film di Kubrick rimarrà un capolavoro insuperabile... non solo del cinema, ma della filosofia fantascientifica.

Al contrario, Nolan non ha il coraggio di andare fino in fondo. Porta il suo protagonista dall’altra parte della galassia, ma poi lo riconduce indietro, a sua figlia ormai invecchiata e morente, alla sua vecchia casa contadina amorevolmente ricostruita all’interno di una colonia spaziale. Rassicura gli spettatori mostrando il primato dell’amore paterno sulle fredde equazioni che governano il tempo e lo spazio, e per arrivare a ciò trasgredisce le sue stesse premesse e tira fuori conigli a ripetizione dal suo inesauribile cappello a cilindro (un salto in un buco nero, l’umanità del futuro, la quinta dimensione, una fisica inventata su misura…).

Per un film che era partito presentando una perfetta verosimiglianza scientifica, che era partito mettendoci di fronte alla vastità e incommensurabilità dell’universo, le soluzioni finali, fin troppo facili (“L’abbiamo trovata in orbita attorno a Saturno, un attimo prima che finisse l’ossigeno”) suonano quasi come una presa in giro.

Un film che avrebbe potuto essere un capolavoro, alla fine, fa il giro dell'universo e perde il tram.

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