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Interstellar

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Interstellar

di FilmTv Rivista
4 stelle

L’apocalisse si manifesta con una piaga. Perché la Terra produce solo mais: l’uomo deve abbandonare il bisogno del pioniere, il sogno di nuove frontiere da oltrepassare, ed è costretto a retrocedere. A farsi guardiano, a curare quel che c’è già. Il granoturco. Gli ingegneri sono, nell’oggi di Interstellar, agricoltori. Come Cooper, che era anche, e soprattutto, un westerner dello Spazio. E?padre di due figli, che accudisce da solo, dopo la morte della moglie, crescendoli tra i campi e le pagine di libri che, in un subdolo Fahrenheit 451, ora sono stati sostituiti. Libri in cui si legge dell’uomo sulla Luna, per esempio. Perché l’allunaggio era una bugia, oppio per i popoli, spettacolo puro. La politica è cambiata: non esistono altri mondi possibili. La Terra non ha orizzonte, è chiamata a essere mesta e responsabile. Poi Cooper scopre, per volere di un destino non casuale, che la NASA non è pagina chiusa e c’è ancora chi cerca un Nuovomondo. Scelto per guidare una missione in cerca del pianeta su cui rifare la Terra, lascia la prole, la figlia piangente, le voci che gli suggeriscono «resta». E comincia la sua nuova odissea nello spazio, in un’opera sci-fi che è un racconto di pionieri, un redivivo mito di frontiera, un altro Uomini veri. Ma soprattutto, una parabola umana, un mélo padre-figlia, un Piccolo principe adulto, che sa di pop corn e filosofia per le masse. Un film forum, confezionato con grandeur ma rivolto all’interiore, in cui si dibattono sentimenti personali, dilemmi etici, caricature politiche, dubbi esistenziali: un racconto che è un costante banco di prova, scena per scena, pianeta per pianeta, e in cui la questione fondamentale è il tentennamento, sono i se e i ma, l’incerto, l’errore e il suo insegnamento. La questione sono le scelte, le domande che si tendono tra l’individualismo e il progresso, tra l’andare e il restare, tra le finzioni del potere e singoli che non perdono la fede, tra la retorica del mito, i vacui tecnicismi, e il vero sentimento, tra il bene pubblico e privato, tra l’amore qui e ora e quello per un futuro che è solo eventuale. Solo che quel che manca, in Interstellar, è proprio il cinema. Perché quando Nolan non invita lo spettatore al rompicapo come in Memento e in Inception, quando non lo tramortisce con la furia di narrazioni seriali assurdamente compresse come nei suoi Batman, quando sceglie il classicismo, si scopre solo mediocre, sciatto produttore di senso: non c’è un’immagine, qui, che abbia un senso ulteriore, che metta in crisi i sensi, che sia problematica, fertile. Non bastano l’IMAX, i 70mm, la grana della pellicola, se il cinema è solo un’esangue illustrazione.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 45 del 2014

Autore: Giulio Sangiorgio

 

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