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Interstellar

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Interstellar

di giovenosta
6 stelle

Concordo pienamente con Database.
Il talentuoso Christopher Nolan negli ultimi due film, Inception e Interstellar, sta diventando un po' troppo caotico e ora anche meno personale. Dal punto di vista dell'immaginifico (stretto e lato) e della rappresentazione si ha ancora l'impressione di essere di fronte ad un regista che continua sapientemente a dosare e miscelare degli elementi spesso difficili da amalgamare: da una parte i grossi budget (e i conseguenti controlli produttivo/distributivi in testa e in coda alla realizzazione) e l'entertainment (anche se nel senso più "puro" del termine), e dall'altra una discreta libertà espressiva (leggi visionarietà, talvolta fino ai limiti dell'astrazione). Prestige forse ne era la summa: un film dove questo equilibrio risulta costante per tutta la sua durata. Con Inception, ma soprattutto con Interstellar, è come se il Nostro (dopo i vari Batman) abbia voluto manifestare la necessità di recuperare la libertà di scrittura (e la complessità) dei primissmi film, palesando al contrario degli evidenti limiti di struttura, con la presenza contemporanea di improvvisi slanci creativi e altrettanto improvvise semplificazioni (a volte quasi puerili, se non altro da un punto di vista prettamente sociologico e scientifico) e sempre più fitte incongruenze stilistiche.
Per esempio in Inception, quando il gioco delle scatole cinesi si comincia a fare un po' troppo duro, può anche succedere che i "duri" diventino via via sempre meno compiacenti (pur ammettendo un autentico stupore magico iniziale), cominciando a sospettare, da un certo punto in poi, che proprio TUTTO sia veramente possibile, col rischio della conseguente disaffezione (e noia).
In Interstellar, dopo alcune belle premesse e immagini riuscite (l'ho comunque visto e sentito con godimento alla sala Energia di Melzo), se per un attimo si isola il pur piacevole appagamento visivo, ci si rende presto conto che la scrittura si assottiglia sempre più verso una visione veramente poco universale e drasticamente appiattita sull'immaginario statunitense: i nostri eroi sopravvissuti sono degli agricoltori della "sana" (anagramma di NASA, he he) provincia americana - ironicamente la zona da cui proviene uno degli elettorati più gretti e conservatori del pianeta, che di fatto con i suoi voti potrebbe portare il mondo alla sua fine anticipata - i quali salveranno l'umanità (sempre americana) anche a costo di dover abbattere e di conseguenza eradere, con la scusa del riciclo, gli unici elementi non autoctoni presenti nel film (es. l'inoffensivo drone indiano). Ma su questo uno potrebbe obiettare che sono ragionamenti da radicali affetti da sindrome del complottismo…va bene. E' allora sull'aspetto scientifico che ci si sente quasi in imbarazzo (eppure sembra basato su "solide" e verificate teorie), visto che il film si presenta con un atteggiamento piuttosto serioso in proposito: ma veramente ci troviamo ancora coinvolti nel per nulla originale giochetto del viaggio all'indietro nel tempo (e la conseguente modifica del futuro che modifica il passato che modifica il futuro, e con tutti i paradossi del caso)? Ancora di recente l'immenso Hawking (forse pure evocato da Lithgow in carrozzella) nei suoi ultimi documentari ci ha spiegato con degli esempi chiarissimi che ciò NON è (mai stato) possibile e quello che in realtà forse potrebbe solo essere pensabile, spingendo i limiti fisici all'estremo, è un breve slittamento nel futuro (altro che anni!). Consiglio di riguardarli: personalmente li trovo più coinvolgenti e profondi di molta fantascienza attuale ("Gravity" compreso, altra grande occasione sprecata: grandissima tecnica ma ancor meno sostanza). La scena delle onde è bellissima ma la disinvoltura con cui l'avversità viene superata è piuttosto improponibile (come se, attraverso un wormhole, ci trovassimo all'improvviso in un film con Indiana Jones). E ancora, dopo un viaggio nello spazio così lungo ed estenuante, armati dai propositi più nobili, è possibile che il tutto si risolva a testate su un pianeta ostile? Per non parlare che nella base costruita intorno a Saturno, come se la NASA non avesse altro a cui pensare, siamo ancora fermi alla ricostruzione dell'Arcadia con il campo da baseball (uno dei giochi meno universali al mondo) e con la fattoria circondata dai campi di granturco (che "barba"!).
Qui, più che mancanza di stile, si tratta di mancanza di originalità...E' proprio così: se comunque Inception nel bene e nel male sembrava il più estremo tentativo di estetica nolaniana, come dice Database con Interstellar non ne si riconosce (quasi più) l'Autore. Si parte terrestri e ancora una volta ci sono solo bandiere americane piantate in qualsiasi suolo ci viene mostrato; si parte con i grandi sentimenti e si finisce a cazzotti in tuta ermetica e casco; si comincia con la salvezza dell'umanità ma tutti (a parte i robot) pensano solo a sè stessi e alla propria famiglia; si comincia razionali e (pseudo)scientifici e si finisce (iper)romantici e con la immancabile bottiglia di birra in mano.
Alla fine, per contrasto viene quasi da chiedersi: ma siamo proprio sicuri che questa (forse sarebbe meglio dire "quella") umanità sia degna di essere salvata?
Alla fine di 2001 - Odissea nello spazio, dopo l'astrazione del viaggio finale verso l'infinito e quella sorta di rigenerazione ciclica simbolizzata del feto/globo come epilogo, forse si è tentati nel conservare qualche speranza, anche aiutati dalle musiche di Strauss, Ligeti e Khachaturian (e dai silenzi) che, nella loro potenza, stile e trascendenza ridicolizzano la stucchevole magniloquenza di questa versione di Zimmer in salsa Philip Glass. Invece, alla fine di Interstellar, sinceramente verrebbe da tifare per le macchine, se non altro perché sembrano poter essere le uniche rimanenti latrici del nostro ormai perduto senso dell'umorismo.

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