Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=adA_V_ab8Xg
In un’imprecisata epoca prossima ventura (comunque ravvicinata) la civiltà umana, come la conosciamo noi oggi, è agli sgoccioli. Ha dimenticato le glorie del passato senza trovare il modo di fare i conti con le miserie del presente. Le prospettive sono fosche. Nubi pestilenziali incombono, all’orizzonte.
Ma gli orizzonti della speranza - ci insegnano affabulatori ed eretici - sono lande sterminate, infinite, tutte da esplorare. Finchè ancora “batte”, finanche flebile, un segnale; un segnale di vita; un segnale di speranza.
È ancora (dopo “l’atto di fede” chiesto e prestato in Inception) la speranza il motore propulsivo dell'umanità raccontata da Nolan (Kael80). Della (e nella) umanità che ha perso tutto, ma che cerca in tutti i modi di non perdere se stessa. La propria identità; nota e… ignota.
È ancora un atto di fede quello che ci chiedono i fratelli Nolan. Quella nella fantasmagoria delle immagini potenti che fluttuano, con coraggio, sullo schermo; quella nel contatto (uditivo) con i codici vocalici del sapere. Un atto di fede nei confronti delle innate capacità umane di vincere egoismi e bassezze, onde potersi risollevare, ora e per sempre, dalle proprie ceneri.
La fede nell’amore - il sentimento più nobile e forte fra quelli che scuotono la razza umana e ne orientano l’agire, anche (spesso) inconsciamente - quale unico mezzo capace di piegare le resistenze più abiette come quelle della verosimiglianza scientifica, sì da condizionare, finanche, il destino stesso dell'umanità (ohdaesoo).
La fede nell’uomo; ricettacolo di mali e (nondimeno) scaturigine di salvezza.
Si è quasi tentati di creder loro.
Com’è possibile farlo, infatti, a mente fredda?
Eppure, così pieni di interstellar… soffocati dall’ansia di respirare inedite illusioni di consapevolezza (e di onnipotenza), com’è possibile accettare il contrario?
Quando i fratelli Nolan mettono le mani su un progetto cinematografico è lecito aspettarsi quanto di meglio possa offrire il mercato; né più, né meno del meglio.
La pretenziosa, sbandierata ambizione, finanche, di Interstellar.
Un film che osa tantissimo… E che lascia senza parole.
Dacché rende assai arduo discernere il discrimen fra il traguardo della perfezione e la sua mera, fittizia parvenza (e questo è un primo punto a suo favore).
Dacché piega e plasma tutte le dimensioni dell’essere (tre, quattro, cinque…) e conquista posizioni d’avanguardia sul piano delle idee prestate alla fantascienza (ma che avanza pretese ben più solide; e, pur sempre, ardite).
E l’idea, in effetti, spiazza e seduce. L’idea (cioè) di regredire la civiltà umana ad una condizione primitiva - quella in cui covano coloro che non riescono neanche a sfamare sé ed i propri cari - ed al contempo di essa proiettare ad un livello diametralmente antitetico (quello ove solo accedono i martiri e gli eroi) che, nondimeno, costituisce un inarrivabile (?) stadio evolutivo ancorato a quel medesimo, inalienabile bisogno di sopravvivenza: di se stessi? dei propri cari? dei propri simili? Solo una, questa (quella sulla forma dell’istinto di sopravvivenza che prevarrà), delle tante incognite che arrovellano (ed accomunano) i pragmatici ed i pensatori.
Ed un’altra cosa è certa. La tecnica sbalordisce e convince. Dalla messinscena proibitiva all’evocativa soundtrack dell’ispirato Zimmer (che attinge alle sonorità de L’esorcista od a quelle dei Goblin in Profondo rosso), i Nolan ed i (più o meno fedeli) collaboratori (fra le gradite new entry si ricordano l’abile montatore ed il direttore della fotografia) mettono a segno un altro punto.
E nondimeno - pare inevitabile altresì constatare - i Nolan violano la consegna del silenzio sul mistero (Database) con un'altra congerie di misteri! Alcune domande restano inevase mentre di altre vengono seminate risposte confuse, sfuggenti; poco esaustive. Qualcosa non torna, la soluzione sembra a portata di mano eppure quando la si afferra svanisce, in una manciata di polvere (terrestre o spaziale che sia). Una polvere che sfugge di mano e torna a scorrere regolarmente, come polvere di clessidra (alla faccia della nuova, piena comprensione della volubilità della quarta dimensione; disponibile ove solo ciò convenga). I Nolan si dilettano nell’offrire, su un piatto d’argento, la chiave rivelatrice del mistero dell’universo e dell’uomo, salvo disinteressarsi dell’arcano che si cela appena dopo l’uscio. Quando la meraviglia prende il sopravvento e sconfina nell’assurdo; e si presta ad un accenno di collasso (da ultimo quando sul proscenio si fa luce sulla “singolarità gravitazionale” e gli annessi paradossi).
I Nolan, insomma, si arrogano un compito spaventoso. Lecito sarebbe pretendere - a sangue freddo - che paghino lo scotto.
Eppure - a caldo - sensazioni piacevolissime travolgono le rigide barriere mentali del pregiudizio e della diffidenza ed instillano un caleidoscopio di emozioni dirompenti; universali.
E fanno ardentemente desiderare un’altra immersione (quanto prima) nella pentagonale dimensione di cui sono fatti i sogni; ma - sia chiaro - quelli fatti ad occhi aperti e col naso rivolto all’insù.
In definitiva:
- aspettative: 95%
- sincerità: 60%
- pathos: 90%
- sense of wonder: 99%
Risultato: 80% (ovvero 4 stelle piene).
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