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Black Sea

Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film

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La recensione su Black Sea

di Dom Cobb
8 stelle

Black Sea, come il mar nero dove si svolge questo film di Kevin MacDonald; ma anche, volendo dare al titolo un senso più figurato, il mare nero del sospetto e dell'avidità nel quale si immergono i membri dell'equipaggio del sottomarino. MacDonald è un regista nato dai documentari e, nel suo passaggio verso il cinema, ha sempre cercato di mantenere questo suo sguardo, questa sua ricerca verso la realtà circostante, verso le azioni e le reazioni che muovono i personaggi delle sue storie. Giusto per citare due tra i titoli più conosciuti della sua filmografia, L'ultimo re di Scozia narra la tribolata situazione politica ugandese degli anni '70 sotto le spoglie di un thriller drammatico, oppure State Of Play è un thriller politico (anch'esso che rimanda a certo cinema d'inchiesta anni '70), ma anche uno spaccato del moderno giornalismo investigativo. Anche con Black Sea MacDonald unisce l'interesse per il cinema di genere (un termine che, almeno in questo caso, mi pare un po' riduttivo) con ampi squarci legati all'attualità: da questo punto di vista, Black Sea è un film che dalle profondità del mare guarda in faccia alla crisi che ha attanagliato (e ancora attanaglia) il mondo in quest'ultimo decennio. Siamo in Inghilterra e Jude Law è uno dei tanti lavoratori portuali che, dall'oggi al domani, si ritrova mandato a spasso dalla propria compagnia: questo è già un primo indizio di ciò che vuol raccontare il regista, ovvero che nell'attuale sistema lavorativo un dipendente altamente specializzato come il personaggio di Law - capitano di sottomarini - superati i 40 anni, non abbia la benchè minima possibiltà di "riciclarsi" in un'altra attività. Il nostro protagonista - che si chiama Robinson (un nome evocativo) - rappresenta la quintessenza del lavoratore stritolato dagli ingranaggi di un mercato del lavoro fallimentare e di uno stato latitante: divorziato proprio a causa del suo lavoro (la moglie non sopportava le lunghe assenze in mare), Robinson vive in un monolocale all'interno di un palazzone-formicaio malsano posto in un quartiere periferico di Londra (ambientazione che era il fulcro di un altro film britannico di pochi anni prima: Harry Brown con Michael Caine), non ha più rapporti con il figlio ma, almeno da come ho potuto intendere, nel film viene mostrata l'ipocrisia della ex-moglie del protagonista che, dopo il divorzio, si risposa con un altro uomo facoltoso ed impedisce al figlio di vedere questo suo padre indigente, in favore del "nuovo" padre economicamente affidabile. Difatti, MacDonald riassume bene la situazione mostrando Robinson a bordo della sua vecchia e malconcia automobile Vauxall che segue l'ex-moglie la quale, elegante e "tirata a lucido", accompagna il figlio alla scuola privata a bordo del suo SUV ultimo modello. Mosso dalla disperazione, Robinson accetta di partecipare ad una misione "illegale": recuperare un carico di 180 milioni di dollari in lingotti d'oro, posto dentro ad un u-boot tedesco affondato sul fondo del Mar Nero. Trovato il finanziatore, Robinson ha a disposizione come "mezzo di locomozione" un vecchio sottomarino sovietico, così che costituisce l'equipaggio composto metà da membri inglesi (altri suoi colleghi licenziati) e metà da russi (altri "poveracci" senza nè arte nè parte, altri "figli" della crisi). Si potrebbe dire - mi si passi la forzatura - che MacDonald abbia quasi voluto prendere i protagonisti ideali di un film di Ken Loach e li abbia calati in un contesto thrilling e d'azione.

Jude Law

Black Sea (2014): Jude Law

Jude Law sbigottito di fronte all'oro.

In mezzo all'equipaggio, composto da vecchi lupi di mare, Law/Robinson individua un ragazzino di vent'anni circa - Liam - alla sua prima esperienza sottomarina; anche Liam, seppur giovane, viene da una realtà difficile, oltretutto avendo messo incinta la propria "fidanzata" (di cui non è nemmeno innamorato). Il Capitano Robinson vede nel ragazzo il figlio che non ha potuto crescere prendendolo "sotto la sua ala protettrice" nel corso della vicenda. Difatti, uno dei pensieri fissi di Robinson è legato alla sua famiglia, all'immagine ricorrente di lui con la moglie ed il figlio ancora felici insieme su una spiaggia: un passato che getta il protagonista nel dolore e nella malinconia, perchè sa che mai potrà tornare.

A bordo i guai cominciano subito proprio dall'equipaggio, che si divide in due blocchi: quello "occidentale" dei marinai inglesi e l'altro composto dai membri russi, quasi a voler rimandare, se si volesse trovare dell'ulteriore sottotesto, alla vecchia divisione ovest/est durante la Guerra Fredda. Le due fazioni lavorano assieme di malavoglia separate dai sospetti reciproci e, a peggiorare la situazione, ci si mette Fraser (Ben Mendelsohn), un palombaro bravissimo nel proprio mestiere ma che rivela indizi di paranoia nelle proprie posizioni contro i russi. Anzi, è proprio quest'ultimo la causa del primo incidente (e dei primi morti) a bordo del sottomarino; toccherà a Robinson mediare una difficile e temporanea pace tra le due fazioni di marinai. I nostri eroi trovano l'u-boot tedesco, da cui, con difficoltà, recuperano sia l'oro che l'albero motore da montare sul loro mezzo (un'autentica bagnarola sfiatata e sfiancata), ma la situazione precipita ulteriormente: Robinson e i suoi scoprono che la missione di recupero è stata in realtà finanziata dalla compagnia marittima che li ha licenziati, usandoli come manovali "a costo zero" per il recupero dell'ingente bottino e come capri espiatori da consegnare alla marina russa che li sta già aspettando in superficie. Inoltre, la presenza di tutto quell'oro a bordo scatena ulteriori paranoie tra i membri sopravissuti. Anche lo stesso Robinson, in preda all'estasi dell'oro che vede come unica possibilità per rifarsi una vita, decide di attraversare tutto il Mar Nero in immersione passando nel mezzo di un pericoloso banco di rocce. Ma il sospetto e la paranoia la faranno da padroni fino al cupo epilogo. In effetti Black Sea è un film pessimista e nichilista, che descrive una realtà squallida da cui non è possibile fuoriuscire: paradossalmente, l'oro, visto come una speranza di migliorare le proprie vite, sarà causa di morte e annichilimento. La vicenda viene ambientata quasi per intero a bordo del sottomarino ed il regista MacDonald è molto bravo nel restituire allo spettatore il senso di claustrofobia, mancanza di spazio, caldo incessante e buio che regnano a bordo. Quando l'equipaggio parte in missione l'ultima immagine del "mondo esterno" è il cielo plumbeo che sovrasta il Mar Nero (visto attraverso il portello del sottomarino) e, alla fine, i soppravissuti che riemergono hanno nuovamente sopra le loro teste questo cielo plumbeo ed opprimente, indicatore di una vicenda altrettanto "nera". MacDonald, a bordo del vecchio sottomarino, crea un microcosmo nel quale fa esplodere le peggiori pulsioni, quali, appunto, il sospetto e l'avidità, che separano gli uni dagli altri anche in situazioni dove sarebbe necessario invece fare gruppo (o meglio, fare squadra) per poter superare i problemi, per poter "riemergere". Molto bravo l'intero cast; in particolare Jude Law sta passando, nel corso degli anni, da ruoli anche brillanti e da "sciupafemmine" a caratterizzazioni più drammatiche e maggiormente sbozzate. Ammetto che Law non è mai stato uno degli attori che abbia attirato la mia curiosità, anche se in questo caso debbo giustamente ricredermi, avendolo visto molto in parte, molto attento e calato nel proprio ruolo. Altrettanto in parte anche la regia asciutta e meticolosa di MacDonald, bravo nel costruire la tensione claustrofobica e, penso che, tra le righe del film, abbia voluto lanciare un j'accuse contro coloro che muovono i fili dell'economia e della politica (nel caso del film, l'avida compagnia marittima) non curandosi delle vittime provocate: disperati come il Capitano Robinson ed il suo equipaggio.

locandina

Black Sea (2014): locandina

Locandina italiana.

 

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