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Scipione detto anche l'Africano

Regia di Luigi Magni vedi scheda film

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La recensione su Scipione detto anche l'Africano

di luisasalvi
8 stelle

Ovviamente diverso dai “soliti” film papalini di Magni, e tuttavia è sempre di Magni, sempre con evidenti e non banali riferimenti politicamente critici all’oggi. Forse ancora più incisivo e polemico e amaro; come dice zombi “il film è del 71, parla della Roma imperiale, ma oggi che siamo a fine 2013 è penosamente attualissima” (ancor di più a fine 2014). Dovrei rivederlo altre volte per cantarne le lodi, ma ci tengo a raccomandarlo fin d’ora, in occasione di una nuova programmazione su Rai Movie.

Qualcuno ha stroncato l’idea di ambientare i fatti di Roma imperiale fra le rovine attuali anziché in una Roma ricostruita (ma sembrano ricostruite anche alcune rovine); qualcun altro l’ha lodata. A me piace come idea, ma la questione è altra: l’operazione è funzionale al film, perché segnala la continuità della corruzione attraverso i secoli e i millenni. Il fatto che critichi tutti non è dovuto a qualunquismo, come qualcuno a detto, bensì alla situazione, sempre la stessa, allora come adesso. Da studente mi ero sorpreso e indignato a leggere (non sui testi scolastici, tutti di parte, di una o di altra) le indegnità di tutti, tribuni o senatori, amici di Scipione o di Catone. Per esempio l’accanimento, che dalle elementari mi avevano insegnato ad ammirare, con cui Catone ad ogni occasione ripeteva che bisognava distruggere Cartagine: poi ho letto che Catone era grande produttore ed esportatore al Nord di vino e olio, ma non riusciva a competere con la concorrenza di Cartagine e per questo la voleva distrutta. Interesse privato in atto pubblico. Non erano da meno neppure i gioielli di Cornelia (che nel film è ragazzina già sorridente al futuro marito Gracco).

I giochini sulla storia di Roma, con interventi di Giove Capitolino (Ferro) e le questioni sentimentali di Massinissa, sono goliardiche, ma adattissime, anche queste, all’apologo paradossale; in fondo abbiamo imparato tutti a scuola (o almeno hanno cercato di insegnarci), da Menenio Agrippa, che noi, popolo bue, dobbiamo continuare ad alimentare il senato (oggi anche la camera dei deputati ed i molti consigli regionali provinciali comunali e di altri enti para-statali) per poter mangiare le briciole che ci lasciano. Anche i tribuni della plebe (come i sindacalisti?) avevano i loro interessi, almeno politici se non economici, nelle loro azioni; mi piacevano i Gracchi, come poi Mario contro Silla o Cesare contro Pompeo… ma poi anche Bruto e Cassio contro Cesare, e così via, perché la storia è fatta da chi vince, ma anche quella scritta da chi perde è di parte. E sui processi ai due Scipioni ancora oggi non si sa bene cosa sia capitato. Ben presto ho dovuto scoprire che anche i Gracchi e Mario e Cesare avevano le loro magagne. Non è qualunquismo, è la realtà di sempre e basta aprire gli occhi per vederla.

L’unico immune sarebbe l’Africano (Mastroianni), integerrimo; ma il fratello Asiatico (Ruggero Mastroianni, il fratello di Marcello) ha rubato; Catone (un magnifico Gassman) denuncia con accanimento il furto, ma quando l’Africano, scoperta la verità, vuole denunciare pubblicamente il fratello, fa di tutto per impedirglielo: anche le denunce fanno parte del gioco, pur di non eccedere e non arrivare alla verità. L’importante è togliere di mezzo ogni eventuale onesto.

A questo punto la vicenda politica si intreccia con quella familiare dell’Africano, la cui moglie Emilia (Mangano) vuole il divorzio perché non può vivere con un uomo privo di difetti. L’Africano impara la lezione datagli da Catone e da Emilia, si finge disonesto, più disonesto di tutti, confessa pubblicamente furti e nefandezze non commessi, e viene assolto da tutti, su proposta di Catone che ne temeva il potere; poi se ne va. Solo a Massinissa, il fedele amico indignato che a Roma abbiano proprio tutti la rogna, Sciopione confessa di non averla e di aver mentito. 

Si aggiungono tanti episodi, più o meno storici, patetici o divertenti, inessenziali alla vicenda ma coerenti allo spirito del film (la madre di Catone, la bella Licia innamorata di Scipione che neppure si accorge di lei, i primi sguardi d’amore fra i due futuri genitori dei Gracchi, il litigio fra i due fratelli Scipione che forse suggerisce ricordi dei due fratelli Mastroianni).

Una sintesi della storia degli Scipioni e del loro processo si può trovare (per chi non la ricorda e/o non ha voglia di consultare testi storici) in Wikipedia, che alla voce sul film elenca alcuni errori storici, introdotti (ne sono convinto) non per svista bensì per gusto goliardico, che a me non disturba. In particolare Emilia che prepara l’estratto di pomodoro: nel film non si parla di pomodoro (arrivato dall’America qualche tempo dopo) e in teoria potrebbe essere altra cosa (per esempio gelatina di rosa canina), ma la preparazione vista sembra proprio quella tradizionale siciliana dello “strattu” di pomodoro.

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