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Ruin

Regia di Amiel Courtin-Wilson, Michael Cody vedi scheda film

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La recensione su Ruin

di OGM
8 stelle

Maledettismo esotico. Rovina è la deriva morale innescata dalla necessità materiale, coltivata nel degrado, ed alimentata dalla passione.  Questo film australiano, ambientato in Cambogia e recitato in lingua khmer, è uno schiaffo di poesia crudamente romantica, nella quale la dimensione assoluta del sentimento  si traduce nell’estremizzazione del bene e del male, i cui eccessi si fondono nella stessa vampata di selvaggia alchimia. Gli sguardi d’amore sono fuoco nella penombra, mentre la violenza è un lampo che attraversa la notte come se fosse l’unica luce veramente umana, la sola energia autenticamente vibrante di vita. Sovanna e Phirum sono due giovani perduti; lei è una prostituta sfuggita al suo sfruttatore, lui un disoccupato che abita in un tugurio e vive di furti e di lavori saltuari. Una sera si incontrano, per caso, e decidono di proseguire insieme il difficile cammino attraverso un mondo che li ha da tempo relegati ai margini. Da quel momento, i due ragazzi impareranno ad esistere per se stessi, al di fuori delle regole di una società che li ha bollati col marchio dell’infamia. In quella condizione, ormai irrecuperabile, la voglia di rivendicare la propria dignità può  sfociare nella ribellione ai valori della civiltà, e nel ritorno al culto primitivo dell’istinto, che si declina in sublime dolcezza nell’intimità, mentre scoppia in un’indicibile ferocia nei rapporti con l’esterno. In questa storia, nella quale i bagliori del desiderio e del terrore danzano come la fiamma di una candela, ogni attimo è intriso di un palpito caldo ed intenso che toglie il fiato e blocca le parole. Una pulsazione primordiale emerge dal fondo, come un brusio sordo e pesante, per annunciare le oscure incursioni della magia nera, e le vivide impennate della fede in un futuro diverso: un avvenire immaginario da sperimentare lontano, in un’altra realtà, dove nessuno possa giudicare il prossimo e non vi siano preconcetti e distinzioni contro cui lottare. La salvezza, per chi è stato precipitato nell’abisso, è annullare la propria consistenza corporea, divenendo invisibile e leggero, sgravato, prima di tutto, dalla zavorra della coscienza. È così che la caduta si tramuta in un volo, accompagnato da un cupo e convulso battito d’ali, che funge da schermo alla paura, da paravento al pudore, da riparo contro l’incomprensione. I due amanti si vestono di un rozzo manto intessuto di ansia ed impulsività, che il vento disordinatamente solleva, scoprendo ora una bellezza incontaminata, ora una brutalità senza confini: le immagini, spesso sfocate, e quasi sempre catturate da anomale angolazioni, sono le istantanee mosse del volteggio di due anime in cerca di una nuova forma in cui unirsi, per diventare una cosa sola.  Gli autori e registi Amiel Courtin-Wilson e  Michael Cody riescono a convertire la terrosa sostanza della carnalità in un’astrazione concettuale, che affiora da fulminee suggestioni visive, e fa dell’incubo allucinatorio il rito di un’atavica, e sconosciuta, religione del sangue. Lo spettro di una misteriosa universalità circonda un legame che sembra esclusivo, irripetibile, impossibile da penetrare: è il prodotto di una fantasia che crea dal nulla e fortissimamente vuole.  

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