Regia di Alex Gibney vedi scheda film
“Una bellissima bugia è meglio di di un’orribile verità”
“Tornare al tour era come per un rapinatore tornare nella stessa banca”
Questo documentario assume due grandi significati, ma proprio grandissimi.
Da un lato offre una (ulteriore) idea di quanto possa essere grande il cinema d’indagine, dall’altro ci da l’ennesima conferma che ogni pezzo che esce dalla telecamera di Alex Gibney merita il tempo di una visione.
I due punti si racchiudono su quanto vediamo; l’idea di base era nata quando Lance Armstrong annunciò il suo ritorno alle corse, quindi doveva essere una sorta di inno all’eroe (americano) che come la fenice risorgeva dalle sue ceneri e tornava alla vittoria.
Ma la realtà muta, e per gli obiettivi (e l'obiettivo della camera) non può che essere altrimenti, il regista in corsa non può che far sue le dichiarazioni pubbliche, e sempre dietro lauto consenso, del campione e proporre il tutto sotto un punto di vista del tutto opposto.
Ci viene quindi presentata una figura diabolica, che ha giurato davanti alla Costituzione e detto un falso clamoroso, che comunque si sente il campione di tutto, un uomo che dietro alla malattia terribile che l’ha colpito (un cancro) si è creato una corazza, d’altronde chi mai potrebbe doparsi, e quindi rovinarsi il fisico, dopo aver sconfitto una grave malattia?
Questa persona ha un nome ed un copione, si chiama Lance Armstrong, uomo capace, grazie anche al sistema di prenderci per i fondelli, non una, besì due volte e, da italiano, pensare a quanto ha passato Pantani, fa incavolare una volta di più (ma non ce ne sarebbe neanche di bisogno).
Alex Gibney ci mette (tanto) del suo, offre una visione totale, tra famiglia, squadra, vittorie, processi, analisi, considerazione che il campione ha di se (e certo, lui per lui non ha sbagliato) e racconta piccoli aneddoti che valgono una storia, o che come minimo segnano una figura.
Dettaglio emblematico … tappa del tour tranquilla, quando Armstrong scopre che in fuga rischia di vincere un suo accusatore (a ragione), dice all’ammiraglia “andiamo a riprenderlo” …. senza alcuna pietà, sprezzante di tutto, come quando si fa riprendere nella sua casa con tutte le maglie gialle dei tour vinti.
A questo si aggiunge tutto il materiale sul suo dottore (ovviamente italiano, insomma, noi siam sempre in mezzo), per anni avanti ai controlli, ma anche i problemi che hanno affrontato chi ha denunciato i fatti (vedi ad esempio le frasi riportarte in apertura che a questo si riferiscono).
Tutto montato, ricercato e costruito da Alex Gibney, un documentario che è prima di tutto un pezzo di cinema del reale, che più reale non si può.
Devastante, la distruzione (ulteriore) di un (ex) mito che ancora si crede tale.
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