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Miss Violence

Regia di Alexandros Avranas vedi scheda film

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La recensione su Miss Violence

di logos
8 stelle

Il soggetto è la famiglia nella sua pratica di dominazione incarnata nella figura del padre/nonno, per indicarne il profilo patriarcale. Costui tiene legato a sé sua moglie, le loro due figlie, una delle quali è a sua volta madre di due figli, un bambino e una bambina. Ma chi tiene redini sui nipoti, sulle figlie, sulla propria moglie, è proprio lui, il maschio, l’uomo, con le sue regole ferree improntate, si direbbe rinviando al Nastro bianco di Haneke, ai valori della disciplina, dell’obbedienza, della correttezza, che poi sono gli unici valori che rimangono, quando non c’è più niente che abbia senso, quando tutto un sistema sociale e umano viene polverizzato, frantumato dalla crisi imperante che coinvolge la Grecia in primis, in un’Europa indifferente, liquefatta anch’essa nel capitale globale.

 

Rena Pittaki, Themis Panou, Eleni Roussinou

Miss Violence (2013): Rena Pittaki, Themis Panou, Eleni Roussinou

 

 

Di fronte alla disintegrazione, la famiglia diventa rifugio e supplizio, spazio di sopravvivenza e di ricatti, occasione per ripararsi dal mondo ma anche luogo inaggirabile in cui convergono tutte le frustrazioni e gli impulsi repressi di un padre/nonno che nella famiglia sfoga la sua distruttività, quella stessa distruttività che, aggiungo interpretando, la società gli ributta addosso impendendogli un vita dignitosa nella normalità. Dico questo perché vi è tutta una parte del film in cui il rapporto occasionale di lavoro per gli over 50, per il quale il protagonista (un grande e versatile Themis Panou) viene assunto, è ben evidenziato nei suoi aspetti precari e umilianti: viene ripreso per un banale ritardo e licenziato su due piedi per la richiesta di un giorno di permesso.

 

Themis Panou

Miss Violence (2013): Themis Panou

 

Ma tutta questa dimensione sociale della crisi, nel film, benché presente, si insinua nell’atmosfera cupa dell’ambiente domestico, che diventa il teatro di una violenza invisibile, che si mostra, per una buona parte del film, in una sorta di atmosfera intollerabile che si avverte nei volti dei componenti, e solo per accenni è visibile nel modo maniacale in cui il padre sanziona i nipoti, le sue figlie e sua moglie, attraverso pratiche punitive di una crudeltà psicologica oltreché fisica. Ma fin qui, tutto sommato, si tratta della violenza di un uomo che ha tutto sulle spalle, per giunta dopo il tragico incidente con cui esordisce il film: Angeliki, alla sola età di 11 anni, nel giorno del suo compleanno, si è appena gettata dal balcone di casa dove viveva con la sua famiglia: è un tragico incidente, dicono ripetutamente i famigliari a se stessi, agli agenti di polizia, al vicinato.

scena

Miss Violence (2013): scena

 

Il "padre" , apparentemente,  non fa che rimettere in piedi la famiglia, cercando di invaderne tutti gli spazi, anche quelli tra sua figlia e i suoi nipoti, arrogandosi l’autorità indiscussa, che tra l’altro, in un rapporto di complicità sull’orlo del masochismo, viene assicurata da tutti i componenti del nucleo.

 

Tutto questo per dire che il regista ci rende spettatori di una violenza che pur diventando sempre più cupa e invasiva, sembra però non rivelarsi del tutto nella sua essenza più segreta, trasportandoci in una sorta di complicità con i membri stessi della famiglia, perché si ha l’impressione che anche loro non siano consapevoli, come noi del resto, della violenza che tuttavia li consuma e li distrugge, e che non può essere riconducibile a quell'incidente;  per quanto possa essere una lancinante disgrazia inconcepibile, è solo il pretesto per perpetuare una violenza che è già in atto nelle radici di questa famiglia, e si espande per tutta la casa, strisciando tra le pareti della sala di cucina, del bagno, delle porte che si aprono e si chiudono, insinaudosi nelle occhiate furtive, e nella claustrofobia generale in cui i famigliari alternano, alla contrizione continua, momenti refrattari, perciò e ancora più inquientanti, di abbaracci e bacini al padre padrone, che prima o poi li porterà al mare come possibile premio tra le tante punizioni inferte.

 

Tutto, insomma, accade in modo gelido, ovattato, ma non abbastanza per giustificare l’angoscia che pare essere in grado di esprimere, fino a quando la violenza emerge nella sua sconcertante significatività, alla cui luce è possibile ora rivisitare tutte le dinamiche famigliari appena trascorse, per poterle riconsiderare come un sipario, che, inesorabile, svelava, in modo intelligente e con grande suspense fenomenologica, tutta la mostruosità davvero senza confine.

Senza confine anche perché quella violenza, nella sua assoluta indifferenza, è pur sempre una violenza che ha le sue recondite cause, le quali non vanno trovate nel padre padrone o nelle famiglia che soggioga, ma proprio in quel mondo, il nostro, che ha reso possibili famiglie del genere (sono tante), attraverso la spoliticizzazione assoluta della società civile, obbligando la disumanizzazione a chiudersi in casa, e a ritualizzarsi nelle mure domestiche, dove le porte, alla fine, si chiudono sempre.

Kalliope Zontanou, Konstantinos Athanasiadis, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Rena Pittaki

Miss Violence (2013): Kalliope Zontanou, Konstantinos Athanasiadis, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Rena Pittaki

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