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Scarface

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Scarface

di ethan
9 stelle

Ascesa e caduta di Tony Montana (Al Pacino), profugo cubano in USA, vista come terra delle opportunità e dell'abbondanza: ma il film afferma che solo attraverso una strada lastricata di crimini e nefandezze di ogni tipo si può raggiungere il benessere tanto auspicato e agognato.

Brian De Palma rilegge a modo suo il classico di Howard Hawks del 1932 ed il risultato è un capolavoro eccessivo, delirante e barocco e allo stesso tempo un film emblematico dell'edonismo anni '80.

Ci sono tre maniere nel cinema moderno di raccontare un Gangster movie: quella che coniuga l'epica alla tragedia greca di Francis Ford Coppola nella saga de 'Il padrino', quella improntata su un (iper)realismo contornato dall'ironia di Martin Scorsese in 'Quei bravi ragazzi' e 'Casinò' ed infine questa di De Palma, dove tutto è volutamente sopra le righe, dai dialoghi infarciti di parolacce alle scene intrise di una violenza inaudita, che sfocia più di una volta nel sadismo (la tanto vituperata scena dell'agguato alla gang di Tony a colpi di motosega e l'impiccagione di Suarez  - F. Murray Abraham sono due esempi lampanti).

Lo stile di De Palma smussa la sceneggiatura di Oliver Stone - come sempre molto attento alla componente politica, analizzata con la consueta irruenza al limite della faziosità che lo contraddistingue ma anche molto accurata dal punto di vista storico - con una regia virtuosistica e vibrante, piena di sequenze da antologia - l'incipit in piano sequenza dell'interrogatorio di Tony allo sbarco in America, la già citata scena con la motosega, l'altro agguato a Tony nel Night Club, l'eliminazione dell'ex capo Lopez (Robert Loggia) e dell'agente corrotto Bernstein (Harris Yulin) per arrivare all'esasperata sequenza finale con i sicari di Sosa alla villa-fortezza di Tony - molto articolate, ricche di movimenti ampi della macchina da presa  e montate con una perizia fuori del comune, senza perdere mai di vista il senso del racconto, dato che quasi tre ore di cinema volano via senza nemmeno accorgersene anzi, al contrario, paiono limitare la parabola esistenziale di Tony Montana, costellata di omicidi, traffico (e consumo) di droga, lauti guadagni, amicizie pericolose.

Un capitolo a sè lo merita Al Pacino, in uno dei ruoli che lo consacrano a mostro sacro della recitazione, impostata su toni volutamente sopra le righe: il suo Tony Montana è un personaggio Bigger than Life, che vuole arricchirsi ad ogni costo per affrancarsi  dalla vita vissuta a Cuba e non esita di fronte a niente e a nessuno (o quasi dato che, il rifiuto di far esplodere una macchina con a bordo oltre che il bersaglio la moglie e i figli di costui sarà per lui l'evento che segnerà la sua sorte) pur di vivere nell'agiatezza e nel lusso più sfrenati, indossare abiti sgargianti e 'possedere' una donna bellissima, la viziata, insensibile e cocainomane Elvira (una giovane Michelle Pfeiffer) da esibire come trofeo nei locali più alla moda. Tony ha un tallone d'Achille nell'attaccamento morboso verso la sorella Gina (Mary Elizabeth Mastrantonio), e ciò causerà una vera e propria tragedia per un equivoco, in cui il suo amico e braccio destro Manny (Steven Bauer) subirà la sua folle gelosia. Nella suddetta scena finale del regolamento di conti il gangster sembra addirittura assumere i connotati dell'invulnerabilità, con Tony ancora in piedi nonostante i killer inviati dall'ex socio di affari Sosa lo crivellano di colpi, fino al colpo di grazia e al 'tuffo' finale nella piscina, sulla scritta-citazione, a questo punto beffarda, 'The World is Yours'. Il dialogo da ricordare è pronunciato ancora una volta da uno strafatto Tony che afferma, di fronte a degli sbigottiti commensali, in un ristorante: ''Io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie''.

Assieme a 'Carlito's Way' la visione depalmiana dell'universo gangsteristico.

Voto: 9.

 

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