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Big Eyes

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su Big Eyes

di chinaski
6 stelle

Lo stato dell’arte e della truffa. E anche del mercato. Con l’esplosione della PopArt, agli inizi degli anni ’60, grazie a Warhol, viene rivoluzionato il concetto stesso di opera d’arte, che riprodotta in serie, perde la sua aurea, per diventare merce. Walter Keane non ci interessa in quanto possibile traffichino ma come esempio perfetto di una mentalità stars and stripes capace di piegare il funzionamento del mercato e la passione artistica della moglie ai propri voleri, trasformandoli in una enorme fonte di guadagno. Aiutato da dosi sempre più massicce di alcol, l’uomo costruisce il proprio personaggio e la sua leggenda, capisce le infinite potenzialità della riproduzione tecnica, la necessità di creare un bisogno, inventarlo a tavolino, alimentarlo con le chiacchiere, qualcosa di indispensabile che la gente tornerà a comprare, fosse l’immagine di un bambino dagli occhi grandi o quella di un barattolo di zuppa.

Tim Burton si abbandona ad una narrazione lineare, quasi anonima, spingendo le immagini verso i margini della psichedelia, che sarebbe arrivata poco dopo, prime impressioni allucinogene, i grandi occhi che Margaret Keane vede trasposti dai suoi quadri alla realtà, tra le corsie di un supermercato, i colori delle Hawaii, i fiori giganti, la casa con i riflessi acquatici sulle pareti, dove anche i Beach Boys hanno passato qualche serata. Il lato oscuro di questo mondo dalle mille tonalità cromatiche è dentro i personaggi, nei loro sentimenti, nei percorsi mentali: avidità, menzogna, paura. I legami umani dell’american dream, istituzionalizzati nel matrimonio, hanno iniziato a crollare, ci sono separazioni e divorzi, una donna senza marito è vista male, poi con una figlia piccola a carico la strada è ancora più difficile. L’arte non ha nulla a che fare con la trasformazione, l’elevazione, la ricerca, è pensiero fordista, catena di montaggio individuale, Walter Keane è il buon imbonitore, che sa vendere qualsiasi cosa gli passi fra le mani, ma quando si ritrova a dover stringere un pennello, si finge dolorante e abbandonato dalla Musa. La critica, la parola scritta, oscilla tra gossip e presa di posizione, sigarette fumate in ufficio e bicchierini scolati nei locali, lo spettacolo si costruisce così, tutti ne fanno parte, nelle strade di Frisco, nelle gallerie, in un’aula di tribunale, ci sono interpretazioni travolgenti, a ruota libera e alcoliche, la messa in scena di una serie di falsità che vogliono vivere ed essere reali, comprare e vendere, gli occhi spalancati del pubblico, una truffa così abilmente costruita che nessuno, anche da vicino, è riuscita a vederla.

 

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