Espandi menu
cerca
Big Eyes

Regia di Tim Burton vedi scheda film

Recensioni

L'autore

cheftony

cheftony

Iscritto dal 2 marzo 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 100
  • Post 6
  • Recensioni 471
  • Playlist 14
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Big Eyes

di cheftony
5 stelle

Walter Keane non era certo un uomo sottile, ma la sottigliezza non vende.”

 

California, 1958: Margaret Ulbrich (Amy Adams) lascia il marito e scappa da casa portando con sé la figlia Jane a San Francisco, dove per sopravvivere deve improvvisarsi artista di strada grazie al suo talento pittorico. I bizzarri ritratti di Margaret, caratterizzati da enormi occhi rotondi e venduti a 3 miseri dollari l'uno, attirano l'attenzione del collega Walter Keane (Christoph Waltz), in realtà agente immobiliare chiacchierone con velleità artistiche, perlopiù impegnato a non vendere le sue raffigurazioni degli amati e vagheggiati vicoli parigini.

Margaret, percependo l'ingresso di Walter nella sua vita come un'occasione per ripartire, ricambia decisamente l'interesse, che culmina presto in un matrimonio alle Hawaii. Fatto ritorno a San Francisco, Keane si arma di quadri e insistenza per veder esposto qualcuno dei loro lavori, finché a non rispondergli picche pensa finalmente l'impresario Enrico Banducci (Jon Polito); attraverso una serie di coincidenze e furbate, i ritratti con gli occhioni di Margaret (firmati asetticamente come Keane) fanno breccia nei cuori del pubblico che conta. Ma è Walter a prendere subito in mano la situazione, asserendo che i quadri sono suoi per non sfigurare con gli acquirenti, ammaliati dalla sua disinvoltura e untuosa gradevolezza.

Il raggiro altera una comunque arrendevole Margaret, la quale non si rende ingenuamente conto di come più vendono i suoi lavori plagiati dal marito e più è proprio quest'ultimo a farsi prendere dalla cupidigia e a rivelare una natura non limpida. Margaret resta così a produrre, frustrata e in ombra, mentre i Walter Keane diventano pop-art ambita a tutti i livelli, dai leader internazionali alle massaie che si accontentano di stampe, copie e cartoline, idee figlie di un bastardo genio del marketing, il cui bel gioco finisce solo dopo qualche anno di lacrime e disperazione...

 

Christoph Waltz, Amy Adams

Big Eyes (2014): Christoph Waltz, Amy Adams

 

Nonostante il trailer suicida, brutto contraltare di una locandina meravigliosa, Tim Burton genera sempre un discreto hype, che purtroppo da diversi anni a questa parte risulta spesso e (mal)volentieri ingiustificato: ormai pressoché autoimitativo, con “Big Eyes”, sceneggiato dagli autori di “Ed Wood” e di altri biopic Scott Alexander e Larry Karaszewski, Burton in parte prova a distaccarsi dal suo consueto immaginario e in parte mette la sua personale firma (basti pensare alla surreale saturazione di colori oppure all'eccellente scena del supermercato); operazione lodevole, ma l'insieme non funziona, mancando della personalità e della carica drammatica di cui avrebbe avuto bisogno la trasposizione della vera e pregnante storia di Margaret Keane, di cui eppure Burton è estimatore e “debitore” dichiarato.

I sottotesti interessanti non mancano (la mercificazione dell'arte, il ruolo di giornalisti e critici nel “pompare” un fenomeno, la soggiogazione familiare, l'inerme sottomissione alla menzogna, il tentativo strozzato di crearsi un angolino nell'élite), ma nessuno di questi viene sviluppato nel momento in cui “Big Eyes” avrebbe tutte le carte in regola per decollare; affonda, invece, in un finale ignobilmente e insensatamente caricaturale, che svilisce la serietà della reale vicenda dei coniugi Keane, relegata a teatrino di coppia svuotato di molte implicazioni morali.

 

Christoph Waltz, Amy Adams

Big Eyes (2014): Christoph Waltz, Amy Adams

 

E dire che a dare corpo alla signora Keane c'è una bravissima Amy Adams, mentre Waltz, potenzialmente un mostro e demolito dal doppiaggio, sembra ormai prigioniero dei personaggi che si è cucito addosso negli ultimi anni, sempre maligni, sornioni e smorfiosi; rischia di diventare una prevedibile macchietta e per me sarebbe davvero un bel dispiacere.

Gli altri personaggi, compresi quelli di Danny Huston, di Terence Stamp e della sorpresa “gotica” Krysten Ritter, mancano dei dovuti approfondimenti e finiscono nell'anonimato. Tecnicamente inappuntabile e comunque sempre in grado di regalare qualche bel momento, spesso semplicemente ricostruttivo o di fugace ironia, Burton sembra quasi svogliato e dimentico, tanto da gestire malissimo i tempi, con la figlia Jane che “sparisce” di tanto in tanto senza motivo dalle vicende; “Big Eyes” è un gioco a due, pure mediocremente orchestrato da un Tim Burton che dispiace vedere così, intento a realizzare film al massimo carucci, innocui, che lasciano poco o niente e risultano perciò prescindibili nella filmografia di un regista così di rilievo.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati