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Wetlands

Regia di David Wnendt vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Wetlands

di alan smithee
6 stelle

FESTIVAL DI LOCARNO - CONCORSO INTERNAZIONALE

“Il film contiene scene che possono urtare la  sensibilità di alcuni spettatori”….così avvertivano prudenti tutte le schede inerenti questo bizzarro ed irriverente filmetto del tedesco David Wnendt: la vicenda, molto “viscerale”, ma nel più puro senso del termine, vede come protagonista la bellissima e ribelle adolescente Helen, rossa e matta, ribelle contro la propria famiglia separata (una madre insicura che trova le risorse per affrontare le peripezie della vita abbracciando ogni tipo di religione, “fino a convertirsi definitivamente a quella più buffa e inverosimile, il cattolicesimo”; un padre al contrario menefreghista e facilone, grossolano e sgarbato senza essere cattivo, che tuttavia ha procurato alla figlia sempre incidenti che hanno lasciato il segno, morale e fisico).

La protagonista trascorre le giornate con la sua amica del cuore sperimentando la trasgressione come arma di difesa contro l’eccessiva prudenza ed ossessione per la pulizia materna e il lassismo superficiale paterno. Un giorno, radendosi maldestramente gambe e pube, Helen, armata di lametta acuminata senza pietà, si ridisegna inavvertitamente i propri connotati  genitali. Ricoverata in ospedale per emorragie diffuse, complicate pure da una congenita fastidiosissima forma emorroidale, Helen scopre pian piano l’amore (per un biondo giovane infermiere) nella sua manifestazione via via più intensa che la farà ripiegare verso comportamenti meno disinvoltamente di rottura e provocatori.

Se da un lato Feuchgebiete (“Zone umide”) è indubbiamente il festival della cacca, del compiacimento orgoglioso della schifezza, dell’attrazione verso il buco nero orrido dello sporco più immondo e purulento, il film brilla anche per una sua vivacità esplosiva che, almeno nella sua prima mezz’ora, riesce a risultare piuttosto coinvolgente. Poi, come spesso capita ai corridori che pensano solo allo scatto e poco alla resistenza, il giochino alla fine risulta un po’ ripetitivo e qualche lungaggine affievolisce quel brio iniziale misto a curioso disgusto che poteva pure risultare sinistramente accattivante, provocando un fiatone che ci ridimensiona nelle aspettative e nella valutazione generale dell’opera. Carla Juri nel ruolo della protagonista è una Pippi Calzelunghe cresciuta e sexy che con la sua candida bellezza, folgorante e sfacciata, angelica ma anche timidamente perversa, riesce ad appannare la visione terrificante di cessi e latrine che ricordano molto da vicino (anche per vivacità di regia e ironica schiettezza) le lordure immonde di Trainspotting.   

 

 

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