Regia di Gennaro Nunziante vedi scheda film
Il film è brutto, anche se a Zalone riconosco alcune qualità eccellenti di comico (avevo visto anche il suo primo film di successo, di cui però ora non ricordo il titolo). Al di là del fatto che è la pellicola è fatta su cliché televisivi e commerciali di assoluta piattezza, quello che non piace di Zalone è che incarna tutti i difetti dell’italiano medio. Ma attenzione: la commedia ha sempre fatto questa critica sociale, ma con intelligenza: denuncia i difetti per esserne più consapevoli e saperne meglio uscire. Qui invece su qualunque tema toccato (e sono davvero tanti quelli importanti, dal ruolo degli imprenditori al comunismo alla malattia…) Zalone incarna il “tipico italiano che politicamente non si può non criticare”, e che è maggioranza (sui temi seri purtroppo è così, è noto), e che sa dire la cosa più incompetente, approssimativa, la cosa che permette di evitare qualunque approccio serio; la cosa nefasta che, se messa in pratica, appunto crea danni peggiori dei mali; e, dato che a dire tale sciocchezza è la maggioranza, allora tale sciocchezza viene messa in pratica. Insomma, è una consacrazione della tipica scappatoia tricolore, che serve per non riflettere mai sui problemi seri per risolverli. Politicamente e moralmente questi sono dei polli perfetti da spennare, come infatti gli italiani sono da secoli.
Che questa persona sia diventata milionaria, grazie al pubblico, è uno dei tantissimi segni inquietanti della debacle apparentemente inarrestabile dell’Italia. Quando non tocca argomenti profondi, il film fa ridere; ma quando sconfina, e purtroppo lo fa spesso, il quadro umano che ne emerge è di uno squallore desolante e allarmante. Io mi sono sempre divertito con il Lino Banfi che stava a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Quel Banfi, come altri suoi colleghi, era simpaticissimo, ma con dei limiti, di cui era ben conscio: infatti non sconfinava mai in tematiche ben superiori alle proprie possibilità.
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