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Il ricatto

Regia di Eugenio Mira vedi scheda film

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La recensione su Il ricatto

di amandagriss
8 stelle

Oggetto anomalo, Grand Piano, da noi Il Ricatto.
Veloce, intrigante, seducente, mozzafiato, divertente, bizzarro. Curioso. Imperfetto. Bello.
In cui imbattersi è difficile, ma non impossibile.
E quando succede può essere amore a prima vista.
Operazione filmica sui generis, che possiede l’efficacia di un folgorante cortometraggio o di un incisivo spot pubblicitario di qualità (artistica). Oppure di un videoclip capace di condensare in una manciata di minuti una storia qualunque eppure eccezionale.
Catalizzando l’attenzione, riuscendo a mantenerla alta per tutto il tempo, imprimendosi negli occhi e nei sensi di chi sta lì a guardarla, sospeso tra la sorpresa e la meraviglia di indovinate soluzioni registiche, trascinanti piani sequenza, riprese agili e sinuose volte a scrutare i personaggi, insinuarsi con soave leggiadrìa tra i volti e i corpi che riempiono le inquadrature, a disegnare le sensazioni ‘vertiginose’ del protagonista. Tra luci nitide e colori brillanti, su tutti un rosso fuoco abbagliante. E un commento musicale che si sposa perfettamente con le immagini, anzi, pare addirittura suggerire alla mdp il ritmo da adottare e quale cadenza mantenere.
Ci si culla nella soddisfazione di aver imbroccato qualcosa di diverso dal solito; si gusta tutto il sapore di una piccola succulenta scoperta.
Che non sarà cancellata dal tempo, che non scivolerà nell’oblìo.
Tra l’indifferenza generale. Almeno, non per chi scrive…
Lungometraggio assolutamente delizioso, forte della rara abilità di concentrarsi su se stesso, avvilupparsi (e svilupparsi) intorno ad una semplice e nemmeno tanto originale idea di racconto. Senza perdere il controllo, senza perdersi per strada, smarrirsi in inutili lungaggini, in pericolose digressioni che andrebbero ad allentare quel filo sottilissimo ingegnosamente teso e sapientemente fatto vibrare della giusta intonazione per tutta la sua -fulminea, questa è l’impressione- durata.
Simile all’accordatura di uno strumento musicale, nella fattispecie di un pianoforte e delle sue robuste ma duttili corde, ognuna depositaria di un preciso suono che, sollecitate insieme, in un certo modo, creano un’armonia, un movimento morbido e fluido, magico e sublime, a tratti andante, a tratti assai vivace e serrato, brioso, spesso irregolare e non sprovvisto di pause fortemente concitate.
Corde/note che, se suonate in un particolare ordine, per esempio una sequenza di 4 uniche difficilissime battute, assolutamente impossibili da eseguire per i comuni mortali, offrono "la chiave" per accedere ad un'altro tipo di musica, frutto dell’armonia di un tesoro diversamente sonante, ben più concreto e scintillante, custodito nelle inviolabili segrete delle banche svizzere....
Grand Piano è una grande stupefacente esecuzione.
Si svolge quasi per intero in un teatro.
In scena, il concerto per pianoforte e orchestra del giovane e più talentuoso pianista su piazza. Dopo 5 anni di silenzio, causa attacco di panico paralizzante durante l’esecuzione di una delle più ardue sonate mai scritte - “La cinquette” -, questo virgulto della musica classica affronta nuovamente i riflettori e il sopito ma non dimenticato panico da palcoscenico. Ma stavolta a fargli superare l’ansia da prestazione ci pensa un uomo misterioso, ben celato fra il pubblico giunto copioso per il grande evento.
Che gli parla tramite auricolare (come da noi il navigato Boncompagni con l’avvenente promessa Ambra).
Che lo tiene sotto tiro.
Basta un errore, una sola nota sbagliata --- il nostro piccolo genio tende a pasticciare le note, a suonare sporco, ma per gli addetti ai lavori non è un difetto bensì una grande qualità che lo diversifica dagli altri pianisti --- e la sua vita finirà lì, sul palco del riscatto.
E per aumentare la concentrazione del nuovo Rachmaninov, ottimizzarne la performance, costringerlo a sottostare al magistrale ricatto, di cui veniamo a conoscenza con lo srotolarsi della narrazione, la sua bella mogliettina-star del cinema è finita con lui nella linea del fuoco.
Un burattino nelle mani del proprio burattinaio.
Il primo esegue ciò che gli ordina il secondo.
Il primo è un assoluto talento nell’esecuzione di partiture scritte da altri, i veri geni, il secondo è quel che si dice un artista (del crimine). 
Il primo mette in atto quello che il secondo ‘vede’.
Ma spesso le visioni ce le hanno anche i burattini. E quando accade, codesti pupazzi senza anima e cervello diventano le variabili indipendenti di un colpo da maestro, “degno di nota”, architettato e messo a punto fin nei minimi dettagli. Preciso e infallibile. "Che passerà alla storia".
Fedele al suo essere opera bizzarra, il film assesta uno spiazzante quanto geniale finale che affonda il suo perché nell’essenza stessa di cui è fatto il cinema e di cui, ancora prima, sono fatti i sogni: soffici nuvole di nulla.
Se si prova ad afferrarle per trattenerle a sé
-razionalizzarle- si resta inevitabilmente a mani vuote.
È la forza intrinseca dell’immaginazione, della creatività.
Che devono volare libere, per esprimersi al meglio e continuare a generare sogni.
Per poi, magari, tradurli sulla carta. E trasferirli in pellicola.
E realizzare giocattoli gioiosi e raffinati come Grand Piano.

Perciò, non udiremo mai il suono delle 4 uniche difficilissime impossibili battute e non conosceremo mai la portata straordinaria dell'inviolabile tesoro nascosto.     
 

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