Espandi menu
cerca
La trattativa

Regia di Sabina Guzzanti vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Peppe Comune

Peppe Comune

Iscritto dal 25 settembre 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 176
  • Post 42
  • Recensioni 1434
  • Playlist 56
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La trattativa

di Peppe Comune
7 stelle

"Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo e abbiamo deciso di mettere in scena i fatti, fino ad ora noti, sulla faccenda della trattativa Stato mafia. La trattativa per trovare (o per ritrovare secondo alcuni) un accordo tra lo Stato e la mafia che sarebbe andato avanti sotto la minaccia delle bombe fino al 1994, quando, con l'arrivo di Berlusconi, Cosa Nostra si sarebbe sentita rassicurata nella sua esigenza di trovare un referente politico e avrebbe deposto le armi. Questa tesi è alla base del processo sulla trattativa, che fa scalpore perchè mette al banco degli imputati feroci criminali accanto ad eccellenti rappresentanti delle istituzioni".

Questo è quello che dice Sabina Guzzanti ad inizio film (parafrasando Gian Maria Volontè che usò parole dello stesso tipo per presentare il mediometraggio di Elio Petri "Ipotesi sulla morte di Pinelli"), con il gruppo di attori alle sue spalle e le scenografie tutt'intorno, che in questa sorta di presentazione all'opera precisa subito i contenuti dell'opera e le modalità d'esecuzione. Si mette dunque in scena una pagina triste della storia italiana che ancora oggi fa sentire la sua eco assordante : quella che vede come principale protagonista l'ala stragista della mafia "capitanata" da Totò Riina che, nei primi anni novanta, culminò negli attentati dinamitardi contro i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il "gruppo di lavoratori dello spettacolo" che prestono il loro volto per l'interpretazione di più personaggi, oltre alla stessa Guzzanti che per l'occasione rimette i panni di Silvio Berlusconi, sono : Antonino Bruschetta (Pubblico Ministero, professore di teologia), Enzo Lombardo (Gaspare Spatuzza), Sabino Civilleri (Enzo Scarantino e Massimo Ciancimino da giovane), Filippo Luna (Massimo Ciancimino adulto), Franz Cantalupo (Vito Ciancimino), Nicola Pannelli (colonnello Riccio), Michele Franco (Giancarlo Caselli), Claudio Castrogiovanni (Luigi Ilardo), Sergio Pierattini (colonnello Mori), Maurizio Bologna (Marcello Dell'Utri), Jay Natelle (mafioso americano), Marcello Mazzarella (magistrato).  

 

 

scena

La trattativa (2014): scena

 

 

Il modo migliore possibile per giungere alla verità è certamente quello di attenersi scrupolosamente alla realtà dei fatti così come sono accaduti. A questo tipo di verità si possono mettere in relazione quelle conclusioni ragionate che con essa generano un rapporto di oggettiva pertinenza filologica. Ora, se l'amore per la verità porta l'uomo dotato di senso critico a riferirsi solo ed esclusivemente ad essa per l'elaborazione di analisi conseguenti, allo stesso modo, potrebbe anche bastare una semplice omissione di verità, messa in pratica in tutta evidenza da chi ha interessi "sotterranei" da perseguire, per fargli assumere comportamenti etici improntati alla pubblica responsabilità. Per fare un esempio (e rimanendo lungo la trama tracciata dal film), se di una certa persona è stato appurato il legame con il malaffare, può essere sufficiente anche solo sapere che il suo "socio in affari", non solo non ha preso le dovute distanze dall'amico malavitoso ma continua a ritenerlo unico ed indispensabile collaboratore, a far assumere nei suoi riguardi un atteggiamento di pubblica riprovazione. Soprattutto quando i soggetti in questione ricoprono importanti incarichi istituzionali e verso i quali, in sede politica, occorerebbe adottare le più giuste scelte d'indirizzo. Io credo che questa sia l'idea di fondo che permea "La trattativa" (presente a Venezia fuori concorso) di Sabina Guzzanti, un film a tesi che equilibra dati di fatto e ipotesi ragionate per mettere in evidenza una verità storicamnte acclarata : l'attitudine propria di larghi strati della classe dirigente italiana a dar corso a delle trasformazioni d'indirizzo politico in perfetto stile "gattopardiano", quelle che nulla mutano della sostanza dello "status quo" dominante, le sole possibili per salvaguardare principalmente gli interessi dei più forti e garantire la perpetua conservazione delle rendite di posizione acquisite. Se "Draquila" (film del 2010) era un film d'inchiesta nel senso più pieno del termine, volto a mettere in luce fatti sconusciuti all'opinione pubblica in merito alle tante bugie che la politica soleva raccontare sulla ricostruzione di quelle zone dell'Abruzzo tragicamente colpite dal terremoto del 2009, "La trattativa" si propone di raccogliere fatti più o meno noti (a seconda di chi è più o meno avvezzo a seguire la cronaca giudiziaria) per conferirgli un senso filologico e quindi giungere a delle conclusioni dotate di indubbia ragionevolezza. Lo fa alternando immagini di repertorio, testimonianze di magistrati e collaboratori di giustizia e ricostruzioni sceniche basate su documenti scritti. Si fanno nomi e cognomi senza alcuna reticenza, si citano testi attendibili che provano atteggiamenti compromissori da parte delle istituzioni che vanno dai tentativi di depistaggio agli "omissis", si ragiona sulla tempistica che starebbe alla base di un comune modo di agire di Stato a mafia, come quello di sostituire delle "pedine" con delle altre perchè queste ultime sarebbero evidentemente ritenute più funzionali all'ordine nuovo da restaurare. Ma siamo lontani dalla "classica" forma documentario, perchè "La trattativa" è piuttosto un ibrido che assomma gravità dei contenuti e leggerezza della forma, verismo che attinge a forme grottesche di rappresentazione e finzione scenica mutuata dal teatro brechtiano. La stessa Sabina Guzzanti ha espressamente dichiarato di essersi ispirata al mediometraggio di Elio Petri sul "presunto" suicidio dell'anarchico Giuseppe Pinelli negli uffici della Questura di Milano. In effetti, "La trattativa" vuole essere cinema a tutto tondo, rispettandone tempi di recitazione e contenuti stilistici, vuole piacere come “prodotto” cinematografico (e la citazione di Volontè già menzionata, credo, stia li apposta per confortare questa mia impressione) e non come uno spettacolo costruito, invece, per piacere soprattutto ad un certo tipo di pubblico (tendenzialmente di sinistra) che ama sentirsi dire proprio le cose così come sono dette (particolarmente oggi, in un tempo di discredito pressochè irreversibile della classe politica). Secondo me, Sabina Guzzanti centra il bersaglio emancipandosi da derive “ricattattorie” attraverso una narrazione che, al netto di qualche inevitabile “licenza artistica”, si attiene ai fatti con puntuale precisione. Detto altrimenti, se da un lato la realtà dei fatti rappresentata si sposa bene con gli attributi propri dell'arte cinematografica, dall'altro lato, i rischi di una gratuita spettacolarizzazione del tutto (che rimane comunque latente) sono piegati dall'esigenza di generare un prodotto artistico capace di suscitare momenti di sana e cosapevole riflessione. Il film si muove certamente nel solco del cinema di impegno civile dei vari Elio Petri, Francesco Rosi, Gillo Pontecorvo, Carlo Lizzani (ed altri) ma occorre dire che, seppur giungendo ad un buon esito artistico, non ne raggiunge lo spessore autoriale e neanche può vantare di essere arrivato a quel mirabile equilibrio tra verismo dei fatti e pratica della finzione che era la carattesistica fondamentale ed originale di quella pagina eccellente del cinema italiano. A mio avviso, se non dispiace affatto (tutt’altro direi) la vena caricaturale conferita a personaggi drammatici come Marcello Dell'Utri, Gaspare Spatuzza e i Ciancimino (padre e figlio), resi come delle maschere tragicomiche che suscitano più di qualche sorriso agrodolce, fa un po’ difetto, qualche volta, la messinscena la quale, attingendo a stilemi tipicamente televisivi, finisce per sovrapporre, e quindi confondere, la riproduzione veritiera dei fatti per come sono realmente accaduti con le “licenze artistiche” comunque ad essi riferiti. Difetti che comunque non inficiano la bontà dell’opera nel suo insieme composito : il respiro etico che la sorregge, il valore testamentario che serve a proiettarla ben oltre il contingente rappresentato e l’urgenza che nasce nello spettatore di consigliarne la visione.    

                    

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati