Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Erano passati due mesi appena dalla liberazione di Roma, quando Rossellini sentì l'urgenza di esprimere sentimenti e riflessioni relativi alla esperienza bellica. Girò una pellicola a basso costo, praticamente tutta in esterni, tra le macerie di una città ancora ferita e offesa, nonostante il suo stato di città "disarmata" richiamato nel titolo del film stesso.
Tra i set allestiti, drammaticamente sconvolgente quello nel palazzo che realmente fu la sede della Gestapo e di tutte le sue angherie.
Rossellini rappresenta una realtà vera, con atti di ordinario eroismo senza l'auspicato lieto fine, senza romanticherie neanche quando parla dei bambini, anzi sintetizzando nel piccolo figlio della signora Pina le speranze e le sofferenze di quella generazione che dovette fare i conti con la morte e la disperazione.
Era iniziata un'epoca nuova del cinema italiano che avrebbe segnato la cultura degli anni successivi e formato registi anche di oltreoceano che anche ad essa devono il loro attuale successo.
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