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Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su Apes Revolution: Il pianeta delle scimmie

di gerkota
5 stelle

Tutto parte da una premessa che più ‘già vista e già sentita’ di così non si potrebbe: l’Uomo allo studio di vaccini che possano sconfiggere malattie spesso incurabili e le sue ricerche che gli si ritorcono contro portandolo quasi all’estinzione, magari soggiogato da altre forme viventi mai troppo amichevoli. Guardando questo Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie del regista statunitense Matthew George Reeves (Cloverfield, 2008) viene subito in mente il solido Io sono leggenda (2007, di Richard Matheson con un perfetto Will Smith in recitazione quasi solitaria). Lì il tentativo degli, ‘si fa per dire’, scienziati è quello di debellare il cancro; qui, tra le scimmie, quello di sconfiggere l’Alzheimer con la diffusione, invece, di un virus killer per gli umani e allo stesso tempo capace di far lievitare il quoziente intellettivo di scimpanzè e compagni. La scorpacciata di retorica in salsa yankee è da indigestione grave. Gli uomini si dividono in buoni e cattivi, equazione in cui i secondi sono di una scelleratezza che sfiora l’idiozia; le scimmie si dividono più o meno nelle due stesse categorie e con assai simili caratteristiche. Fa cadere le braccia l'assenza totale di sdrammatizzazione attraverso una qualche battuta di spirito. Stucchevole il continuo sparare e bastonare propinato per gran parte della vicenda filmata. È così che lo spettatore non proprio decerebrato, in attesa di essere sorpreso e rapito, si ritrova in poco tempo a sbuffare e a guardare con impazienza l’orologio. L’opera sceneggiata da Mark Bomback, Rick Jaffa e Amanda Silver (il primo è autore dello script del deprimente Cinquanta sfumature di grigio e questo la dice lunga) da una novella di Pierre Boulle, si salva a malapena grazie agli effetti speciali dell’espertissimo Weta Digital (un nome un destino, suo il trittico de Lo Hobbit). Discreta l’interpretazione di Jason Clarke (nel magnifico Zero Dark Thirty, 2012) e, come spesso è accaduto, sprecato un fuoriclasse come Gary Oldman (non si è mai più potuto ripetere ai livelli di Dracula di Bram Stoker, 1992). Si può serenamente evitare. Voto 4,5.

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