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Maps to the Stars

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Maps to the Stars

di tobanis
7 stelle

Cronenberg qua non ha pietà e non fa sconti: un ritratto crudele delle star di Hollywood.

Dove il titolo è inteso come le indicazioni per fare un giro di ville abitate dalle stelle del cinema… da fuori, immagino. Perché poi qualcuno voglia fare quel tour, boh. Fatto sta che è solo un pretesto, in questo film il grande Cronenberg non segue quel tour, in realtà non ha alcuna pietà, nel descrivere le vicende (fittizie) di alcune star (fittizie) interpretate da un buon cast (reale). Su tutti emerge la Julianne Moore, qua in una parte terribile, dove è una persona sostanzialmente schifosa, meschina, piccina. Il regista si diverte nel raffigurare tutte queste star, piccole, grandi, vere, presunte, nelle loro bassezze più infime. Si inventa pure delle storie che sfiorano il grottesco e non ti immagini siano reali (lo speri almeno, quanto meno non per la star nominata all’Oscar che, si dice, per fare carriera si fa sodomizzare e poi urinare nell’ano dai produttori, speriamo non sia vero…). Se si ci ferma un attimo a raccontare la storia del film, ti pare sia veramente eccessiva. Prendiamo ad esempio la famiglia protagonista: lui, massaggiatore - motivatore di successo delle star (anche la Moore nel film è sua paziente), sua moglie, che poi dopo il matrimonio ha scoperto essere sua sorella, manager del loro figlio super-mini-star già sboccato, drogato, quasi assassino di bambini, e quasi assassinato da piccolo dalla sorella, finita poi in manicomio e poi ora tornata. La Moore nel film è invece una specie di star un po’ accantonata, già disadattata di suo, che non ottiene una parte (la stessa che ebbe sua madre, nel remake del film che si vuole girare), ma che poi tragedie altrui favoriranno, e ovviamente lei cavalcherà senza scrupoli. Come dicevo, il regista non ha alcuna pietà. Forse aveva il dente avvelenato con qualcuno, o forse semplicemente gli è piaciuta la sceneggiatura, fatto sta che ne esce un film crudele quanto mai. Un buon film, pure, anche se lontano dai vertici di Cronenberg. Per me siamo sul 7, anche se la critica si è sperticata in lodi, come sempre per il buon David, qualunque cosa giri; il grande pubblico è stato ben più tiepido, sia nei voti sia disertando i cinema. Al botteghino questo film d’essai è andato male, anche se parliamo di un budget minimo (il cast penso reciti al minimo sindacale) e incassi di nicchia, cifre piccole insomma. Partecipò senza fortuna a Cannes (vinse Il regno d’inverno, che non ho visto); la Moore però vinse come migliore attrice.

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