Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Superati i settantanni David Cronemberg sembra prendere respiro sui temi che hanno segnato la sua lunga carriera: la trasformazione del corpo e della mente, la protezione del proprio Io a qualsiasi prezzo, l'esaltazione dell'individuo che rasenta l'autodistruzione. In "Maps to the Stars" il regista canadese concede poche scene alla violenza "animale" ( uniche eccezzioni l'immagine di Mia Wasikoswka con il Golden Globe insanguinato e lo strangolamento a mani nude eseguito da Evan Bird ) per
concentrarsi sulla violenza "verbale" che contraddistingue e condanna tutti i personaggi del film, assolvendo il solo Robert Pattinson. La storia è un intreccio psicologico tra la famiglia Weiss, agli onori delle cronache per il figlio Benjie, enfant prodige del cinema ma distrutto dalle droghe, Havana Segrand, avvenente attrice in declino, cresciuta sotto l'ombra ingombrante della defunta madre e Agatha Weiss, sorella di Benjie, allontanata da casa e rinchiusa in un centro di recupero per psicopatici violenti. I fantasmi della mente dialogano con il giovane Benjie, che tenta disperatamente di rientrare nello show business e Havana Segrand (interpretata dalla bravissima Julianne Moore, grand prix a Cannes) costretta a confrontarsi con la celebrita' della madre defunta Clarice Taggart (Sarah Gadon). Sullo sfondo di queste tragedie esistenziali scorre imperterrito "il Circo" di Hollywood, i suoi lustrini e paillettes, gli attori ricchi e famosi e sempre più giovani. l'uso smodato di droghe sintetiche e di centinaia di ansiolitici e barbiturici dai nomi accattivanti, le ville faraoniche e le limousine chilometriche a noleggio e proprio su una di queste auto di lusso lavora Jerome Fontana (R.Pattinson nuovo attore feticcio di Cronemberg). Quando Agatha Weiss torna a Los Angeles, dopo 13 anni di cura, per riallacciare gli affetti con la propria famiglia, affitta Jerome e l'incontro sembra preludere a una nuova possibilita' per la ragazza, ma così non sarà. Dottor Stafford Weiss, il padre interpretato da John Cusack, famoso autore di libri sulla terapia orientale, vive come un pericolo distruttivo il ritorno a casa di Agatha e infierisce violentemente su di lei: da quel momento gli eventi prenderanno una china pericolosa e non più controllabile. Il finale scespiriano del film è quasi consolatorio per gli spettatori ma assolutamente di condanna nei confronti del mondo del cinema e con riflesso immediato sul modo di vivere occidentale. A riprova del mio giudizio cito la frase che l'autore fa pronunciare ad uno degli attori adolescenti intervenuto in un party sfarzoso: alla domanda di cosa sia l'Inferno, egli risponde " L'inferno è un mondo senza narcotici". Il regista con quest'opera sembra volerci mettere davanti ai nostri fantasmi,alla "ragione economica" imperante, alle negazioni forzate della nostra civiltà, all'abitudine quotidiana del "camouflage" psicologico, del voler demandare e rimandare, con l'invito a non nasconderci di fronte alle difficoltà, bensì ad affrontarle: vietandoci categoricamente di drogarle.
viva il Cinema. W Cronemberg.
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