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Stop the Pounding Heart

Regia di Roberto Minervini vedi scheda film

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La recensione su Stop the Pounding Heart

di supadany
7 stelle

Giovani (talenti) italiani crescono anche se all’estero.

Quello di Roberto Minervini è un nome da annotare sul taccuino, non tanto perché, come sta accadendo a tanti (tanti sempre tra i pochi che sono riusciti a vedere il film, nel mio caso spetta un dovuto ringraziamento a Mymovieslive che ha proposto una proiezione, per giunta gratuita), mi abbia entusiasmato (siamo pur sempre in un contesto di cinema sperimentale), ma perché in ogni caso già con quest’opera ha dimostrato di possedere uno sguardo notevole (e dico questo non volendo credere che si sia trovato solo nella realtà giusta al momento giusto).

Sara Carlson è la figlia più grande all’interno di una famiglia numerosa cresciuta dai genitori fedeli agli insegnamenti della Bibbia e la sua occupazione principale è quella di accudire le capre.

Quando conosce Colby Trichell, cowboy ed allevatore di tori,  incontra un mondo diverso da quanto aveva potuto vivere (molto ristretto) e comincia a formulare un’idea di vita distante da quella che fino a quel punto stava vivendo.

 

Sara Carlson

Stop the Pounding Heart (2013): Sara Carlson

 

Lo sguardo del regista, e con esso quello della protagonista, può valere più di mille parole ed è così che l’opera terza di Roberto Minervini ci addentra nel vero di una realtà famigliare fermamente credente, tanto da apparire fuori dal tempo, che segue la filosofia cattolica alla lettera.

Quello che conquista è il ruolo giustamente centrale di Sara che pur non essendo un’attrice, ha un volto, pose ed atteggiamenti particolarmente indicati e che nel suo pedinamento la regia riesce ad inquadrare in alcune scene affascinanti (su tutte quella finale e quella sulla spiaggia) e nel suo naturale complicato mutamento.

Poche parole, ma come già detto, all’interno di un silenzio si può sempre costruire un mondo leggibile e che con la forza di immagini evocative (in tal senso la scena finale è emblematica) riesce a comunicare più dell’atteso.

In questo un ruolo fondamentale spetta al direttore della fotografia che ha anche coadiuvato Minervini alla regia; oltre al finale anche la scena sulla spiaggia è un vero e proprio colpo al cuore in termini di utilizzo della luce.

Di contro i paragoni con Malick mi sono parsi un po’ azzardati (lo dico oggettivamente, comunque il regista texano con il suo “The tree of life” ha potuto aggiungere sequenze che Minervini non poteva obiettivamente permettersi di portare avanti), sicuramente non campati in aria, vero è che la purezza della ragazza richiama quella di Jessica Chastain, ma spendibili solo in parte (ad esempio nella prima parte abbondante non si respira la stessa poesia naturale della seconda parte e di tutto il film di Malick).

Rimane senza dubbio un “esperimento” importante, la rivelazione, almeno per me, di un giovane promettente autore che spero possa avere la possibilità di uscire da confini ristretti per poter manifestare il suo talento di fronte ad un pubblico più vasto (e quella sarà anche la classica prova del nove che a questo punto si merita assolutamente di poter affrontare).

Interessante.

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