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Birdman

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Birdman

di GIANNISV66
4 stelle

 

Birdman ovvero della decadenza del mestiere di attore.

Travolti dalla logica del profitto che vuole l'industria del cinema (e del resto già il termine “industria” contiene una forte valenza di tipo economico-finanziario, etichetta che mal si sposa con ciò che è, o vuole essere, arte) protesa a investire in prodotti di facile successo, attori di qualità si ritrovano “vestiti da uomo di latta” e di conseguenza a svilire il proprio talento.

Alejandro González Iñárritu prende di mira il baraccone dei supereroi che da qualche anno ormai imperversano sugli schermi di tutti il mondo e porta in scena la ribellione di un uomo che decide di ritrovare le radici della propria passione a costo di impegnare la propria fortuna.

Fortuna peraltro guadagnata vestendo gli improbabili panni di un uccellaccio, il quale non si rassegna ad essere messo da parte e incombe come la voce della coscienza, la cattiva coscienza di un cinema che ha svenduto la sua anima all'unico principio che sembra muovere ormai il globo, ovvero il far quattrini facili.

La ribellione di Riggan Thompson si concretizza nella realizzazione di una piéce teatrale, la riduzione del testo di Raymond Carver “Di cosa parliamo quando parliamo d'amore “, progetto imbastito nel tentativo ambizioso di dimostrare di possedere quelle doti che sono proprie di un vero interprete.

Progetto che rischia di collassare malamente, con il povero Riggan alle prese con gli isterismi e le insicurezze del cast, con una figlia chiamata a svolgere il ruolo di assistente anche (e soprattutto) nel tentativo di ricomporre un rapporto genitore-figlio mai esistito, con un critico (anzi, una critica visto che è una signora) acido come un vino di pessima qualità male invecchiato, e per finire con un mare di contrattempi che ne minano la stabilità psicologica.

Ambizioso il progetto del protagonista di questo film e ambizioso il progetto del regista: raccontare la storia di un uomo alle prese con una vita contrassegnata da un successo che lo ha reso di fatto un perdente di fronte a quelle che sono le sue più intime aspettative, e attraverso quello sbeffeggiare un modo (e un mondo) di fare cinema che privilegia la superficialità rispetto alla sostanza, la capacità di ottenere consenso di massa rispetto a quella di valorizzare il vero talento.

Ambizione esplicata nell'uso di lunghi, estenuanti piani sequenza, emblema di un ingranaggio micidiale in cui è entrato Riggan e in cui si ritrova coinvolto lo spettatore, accompagnati da una colonna sonora tambureggiante nel senso letterale del termine, visto che a far da sfondo alle immagini è il rullio incessante di una batteria.

Ma se le ambizioni di Riggan Thompson sembrano forse trovare uno sbocco in un finale che da tragico quale sembra pare infine lasciare aperta una porta alla speranza, quelle di Inarritu si perdono nei lunghi corridoi del St. James Theatre, che alla fine sono l'autentica location di questo film, inquadrature martellanti come quella batteria che non lascia tregua alle orecchie degli spettatori.

Voleva essere grande cinema di classe e invece è solo noia!

E non basta un grande, immenso Michael Keaton (lui sì che l'avrebbe meritato l'Oscar) per salvare una pellicola che sa troppo di “film d'autore” per sembrare realmente autentica.

Promosso il cast, oltre al bravissimo Keaton un ottimo Edward Norton (nei panni di un attore talmente geniale da essere fuori di testa), ben calate nei ruoli (sia pur più marginali) Naomi Watts e Andrea Riseborough (interpreti della commedia di Riggan ed entrambe con un bel bagaglio di problemi personali) e bravo pure Zach Galifianakis nei panni dell'avvocato/miglior amico di Riggan impegnato a fargli da ombrello alla pioggia di guai e perciò sempre sull'orlo di una crisi di nervi.

Rimandata solo Emma Stone, la cui espressività è purtroppo minata da un paio di occhi che denotano una preoccupante ipertensione arteriosa.

Bocciati senza rimedio Alejandro González Iñárritu e il suo film: per fare del cinema autoriale e "di contenuti" non si deve per forza essere noiosi in maniera mortale.

Bocciato per di più con l'aggravante di avere avuto nella parte del protagonista un attore che sarà ricordato per una delle sue migliori interpretazioni.

 

 

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