Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Spettacolare virtuosismo visionario, ragionato e delirante, Birdman è l’applicazione più compiuta del metodo di Alejandro González Iñárritu al cinema americano, un affettuoso accoltellamento al cinema americano e un’operazione metatestuale dentro e sul cinema americano. La prevedibile virtù del film sta nel fatto che è una celebrazione del film in quanto opera collettiva, in cui ognuno dà il proprio contributo tanto per egocentrismo istrionico quanto per volontà di collaborazione corale (dagli attori al regista passando per i montatori, il batterista, il direttore della fotografia, gli sceneggiatori…).
Film che gioca sulle ossessioni della gente di spettacolo senza alcun freno inibitore, Birdman è la storia di un attore caduto in disgrazia, già divo di uno dei primi cinecomics (l’uomo uccello del titolo, per l’appunto), che tenta un rilancio con una produzione tratta da Carver, di cui è regista, adattatore e protagonista. Simulando un infinito piano sequenza che si articola tra la finzione e la vita (o viceversa), il teatro (il palco, i camerini, la terrazza) e l’esterno (la strada, il pub) – che è di per sé una prova di forza dell’armonia tra un regista evidentemente talentuoso, un direttore della fotografia scrupolosamente raffinato (il magico Emmanuel Lubezki) e due montatori maestri del non far vedere stacchi e trucchi (Douglas Crise e Stephen Mirrione) – e inondando la storia di dialoghi a botta e risposta, chicche da addetti ai lavori, giochi d’immaginazione e riferimenti autobiografici, Birdman è l’erede di una lunga tradizione di parabole artistiche autoreferenziali sovente sfocianti nel gioco al massacro (Il grande coltello, per dire) che riesce a trovare una felice sintesi con lo stile del suo autore.
Esaltante ed indemoniato, sontuoso ed aggressivo, segnato dall’improvvisazione percussionista di Antonio Sanchez che aiuta non poco alla tenuta ritmica del film, Birdman si nutre della grandissima rentrée di Michael Keaton in un ruolo coraggioso e bipolare che sembra una proiezione della sua carriera, senza rinunciare al tono surreale che si manifesta quasi come un retaggio dei poteri del supereroe dalla cui personalità non riesce a liberarsi. Accanto a lui, uno stuolo di attori strepitosi in forma smagliante, con menzioni speciali agli occhi enormi che hanno visto troppe cose della stupenda Emma Stone e ad un Edward Norton straripante e da applausi a scena aperta. Forse qualcosa si disperde nella parte finale un po’ troppo artificiosa e grottescamente apocalittica come blockbuster fumettaro impone, ma il film è un magnifico ed inquietante divertimento di rara potenza visiva, estetica e cerebrale.
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