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Storia di una ladra di libri

Regia di Brian Percival vedi scheda film

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Scarlett Blu

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La recensione su Storia di una ladra di libri

di Scarlett Blu
8 stelle

Tratto dal romanzo di Markus Zusak,

La bambina che salvava i libri,

Storia di una ladra di Libri è un film ben confezionato ma non perfetto, a volte didascalico e un po' troppo lungo, eppure emozionante, tragico, doloroso e bello, che sa dialogare con la fantasia e l’innocenza dei bambini, veri protagonisti del film, che hanno la capacità quasi unica e straordinaria di mantenersi puri e innocenti anche in un mondo avviato sulla strada della rovina e della tragedia collettiva.

 

Non importa che ci fosse la gioventù hitleriana, educata al razzismo dalla propaganda del dittatore, elemento questo lasciato appena intuire a cui il piccolo Rudy si ribella; solo i bambini hanno il coraggio di dire che il re è nudo, provare ammirazione per uno sportivo di colore che vince le olimpiadi, e di gridare il loro odio verso Hitler, che porta via loro l’infanzia e i padri al fronte.

 

La storia di Liesel e delle persone attorno a lei, è accennata e introdotta da un inusuale e un po’ grottesca, ma ineluttabile, neppure troppo misteriosa voce maschile fuori campo, che parla di sé al femminile (svelata nei titoli di coda) che incarna la grande triste protagonista di quegli anni tragici che videro il nazismo dominare l’Europa.

 

Siamo nella Germania del 1938, e le bandiere rosse con la svastica sventolano sui tetti delle case tedesche in mezzo al bianco della neve.

Figlia di comunisti, la piccola orfana Liesel viene adottata da una coppia di operai tedeschi.

Il padre Hans è un uomo buono che ha già combattuto in guerra e non ha voluto iscriversi al partito e questo condanna lui e la moglie a una vita dura e faticosa, la madre Rosa è una donna dispotica e brontolona che nasconde sotto una scorza dura e severa un cuore gentile e affettuoso.

Liesel non sa né leggere, né scrivere, ma è audace, curiosa e intelligente, e mentre i nazisti assaltano le botteghe degli ebrei nella notte dei cristalli, e dietro parole deliranti si bruciano i libri in grandi falò in piazza, lei li salva, o li prende in prestito dalla biblioteca del borgomastro.

Aiutata dal padre impara a leggerli, a scoprirli, allena la sua fantasia, affina la sua capacità di raccontare storie, per aiutare la memoria a mantenersi viva e non soccombere sotto la dialettica fasulla della ideologia nazista che nega il valore intellettuale del pensiero dell’uomo.

Perché la memoria è lo scriba dell’anima (Aristotele), come le svela l’amico Max, giovane ebreo che la sua famiglia nasconde in cantina, segreto che non può essere svelato neppure all’ amico fedele compagno di giochi Rudy dai capelli color limone.

Il film nella prima parte è più leggero e spensierato con le corse per strada dei due ragazzi, in alcuni punti rallenta, poi funziona un po’ meno nella  sceneggiatura, quando assume i toni vaghi e leggeri di una favola, dove i ragazzi restano innocenti, fantasiosi, ancora capaci di sognare sulle imprese autentiche e nobili degli uomini (Jesse Owens, atleta di colore che contro tutte le false teorie sulla razza ariana superiore, vince più di una medaglia d’oro alle olimpiadi di Berlino del ‘36).

 

Ma nella seconda parte del film la tragedia incombe e la tensione diventa più affilata e il registro cambia.

La realtà della guerra irrompe e spezza la favola con le sue bombe che cadono dal cielo, e l’angelo della morte si materializza in un’ unica scena -  una figura oscura di spalle cammina per strada e ha poco di onirico - arriva puntuale a portar via le anime dei giusti e degli ingiusti, affascinato e rapito dalla natura umana in cui convivono in precario equilibrio da sempre bene e male.

Il finale nostalgico ed emozionante (da 4 stelle, forse il meglio di tutto il film) sfila in una serie di fotografie che hanno il sapore amaro e straziante di ricordi lontani, vite vissute e perdute.

 

Ho trovato ottime le interpretazioni degli interpreti da Jeoffrey Rush, greve e pacato che interpretata il sensibile vecchio Hans, a Emily Watson  che veste i panni della bisbetica Rosa, fino a quella della giovane protagonista; Sophie Nelìsse ha lo sguardo di una bambina con gli occhi spalancati sul mondo impazzito, costretta a crescere troppo in fretta.

Un buon film, non perfetto, eppure bello ed emozionante.
Troppo poche due stelle.
Un sufficienza generosa e abbondante. 

Voto 7 & 1/2

Cosa cambierei

Non so che valenza abbia nel libro, ma avrei optato per una voce narrante femminile, sarebbe stata più ambigua e misteriosa e avrebbe lasciato nel dubbio lo spettatore sull'identità del personaggio. Fin dall'inizio si perde quasi del tutto l'effetto sorpresa e si capisce immediatamente chi sia lo strano narratore. 

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