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Alla ricerca di Dory

Regia di Andrew Stanton, Angus MacLane vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Alla ricerca di Dory

di MonsieurGustaveH
8 stelle

Una pellicola d'animazione che senza dubbio poteva non essere realizzata, ma che in quanto valida risulta utile come lungimirante esempio da seguire.

 

PIXAR ANIMATION STUDIOS E LA FOBIA DA SEQUEL

 

“Alla ricerca di Dory” è l'ultima fatica di casa Pixar, ancora fresca del roboante successo di “Inside Out” e del buon esito riscontrato da “Il viaggio di Arlo” nella passata stagione cinematografica.

Quest'ultimo però, soprattutto per via del target di pubblico a cui fu rivolto - ossia quello quasi prettamente infantile – passò, in proporzione, decisamente più in sordina, nonostante si trattasse di una pellicola ottimamente godibile anche se, chiaramente, nemmeno lontanamente ai livelli del ben più sponsorizzato Inside Out.

Ciò nonostante, non fu ben chiara la così esigua promozione di un film targato Pixar in tutto e per tutto, se non per la volontà di puntare un “all in” su “Inside Out”, pronto in rampa di lancio come prodotto di prima fascia: in assenza di quest'ultimo, le manovre di marketing dello studio americano sarebbero state certamente differenti, ma tant'è.

 

scena

Inside Out (2015): scena

           
locandina

Il viaggio di Arlo (2015): locandina

 

La possibilità di realizzare un prosieguo delle vicende narrate in “Alla ricerca di Nemo”, risultò essere inizialmente un'idea fallace per il pubblico, soprattutto per tutti coloro che, a suo tempo, amarono quest'ultimo: l'ormai insostenibile supplizio derivante da produzioni “di ripiego” - volte a realizzare gli ormai diffusissimi seguiti, remake e chi più ne ha, più ne metta, sfruttando brand già noti - inizia infatti a far straripare la condiscendenza anche dello spettatore meno esigente.

In primo luogo, optare per la prosecuzione di una produzione del passato genererà, com'è naturale, un prodotto nitidamente meno originale rispetto a ciò che scaturirebbe dal concepimento di un nuovo embrione filmico da sviluppare. Nonostante ciò, la storia del cinema ha talvolta insegnato che, con i dovuti mezzi e le giuste idee, è possibile scegliere di imboccare questa piccola scorciatoia ottenendo anche risultati degni di nota. Ricordiamo infatti che - rimanendo nella circoscrizione dell'animazione e della stessa Pixar - John Lasseter (regista, animatore e direttore creativo della Pixar Animation Studios dal 2005), insieme a Lee Unkrich e Ash Brannon, fu capace di congegnare un pertinente seguito per un archetipo e colonna portante del cinema d'animazione qual è “Toy Story”, culminando addirittura nella realizzazione di un terzo capitolo al di sopra del precedente.

A dispetto di tutto purtroppo, anche la Pixar ha compiuto, nel corso degli anni, qualche passo falso: “Cars 2”, nel 2011, risultò a conti fatti il peggiore film Pixar, in quanto ancor più debole del precedente “Cars – Motori ruggenti” – già piuttosto opaco in quanto ad originalità e solidità; “Monsters University” poi, due anni più tardi, non resse il confronto con l'originale “Monsters and Co.”, encomiabile perla dello studio che certamente non sentiva l'impellente bisogno di un prequel, piuttosto piatto e ricco di incongruenze, peraltro, ma che rimane pur sempre un prodotto godibile: stiamo parlando della Pixar, quindi i valori di riferimento risultano talmente elevati che anche un discreto calo qualitativo come il suddetto, può risultare pesantemente inficiante.

Oggi, nel 2016, “Alla ricerca di Dory” può essere il rilancio definitivo di una Pixar che pare iniziasse ad essere afflitta da una “fobia da sequel”.

 

PIPER, IL CORTOMETRAGGIO ANIMATO DI ALAN BARILLARO

 

Il film è preceduto - come suole ogni qualvolta ci si appresti ad assistere alla proiezione di un film Pixar - da un cortometraggio animato intitolato “Piper”. Alan Barillaro, animatore Pixar fin dal lontano 1997, esordisce qui alla regia.

Piper è un beccaccino appena nato e in quanto tale osserva ed esplora entusiasticamente il mondo che lo circonda, composto prevalentemente da sabbia ed acqua marina. Quando deciderà finalmente di entrarvi in contatto diretto però, dovrà affrontare i pericoli che esso riserva, come le pericolose onde del mare: ancora inesperto, Piper si lascia travolgere da queste ultime, uscendone traumatizzato.

Con l'aiuto della madre, della propria forza di volontà e anche con un po' di fortuna, Piper riuscirà in conclusione a superare i propri timori e procacciarsi autonomamente il cibo che necessita.

Semplice e lineare quanto efficace, questo cortometraggio riesce perfettamente nell'intento di trasmettere l'essenza della poetica Pixar, oltre a mostrare le incredibili innovazioni messe a punto per quanto concerne la tecnica di animazione fotorealistica: risulta davvero faticoso riuscire a credere che di tutto ciò che viene mostrato, non vi sia nulla di reale.

 

ALLA RICERCA DI DORY, IL DICIASSETTESIMO FILM TARGATO PIXAR

 

“Alla ricerca di Dory” è il diciassettesimo film prodotto dalla Pixar Animation Studios ed il quarto titolo non originale della stessa (dopo Toy Story 2 e 3, Cars 2 e Monsters University), nonostante esso non si ponga né come un mero sequel, né come un semplice spin off sul personaggio di Dory: esso è esattamente ciò che di più mediato può sussistere fra i due termini, in quanto l'azione si svolge prevalentemente dopo gli eventi accaduti in “Alla ricerca di Nemo” e vede come protagonista principale il nostro simpatico e stralunato pesce dottore sopracitato.

La creazione e lo sviluppo dell'intreccio e della trama, avrebbe potuto compromettere fin da subito la buona realizzazione della pellicola: sarebbe stato impropriamente scaltro proporre un semplice “copia e incolla” di quella del predecessore, riadattandola dimessamente al personaggio di Dory disinteressandosi al contenuto ma garantendosi comunque un onesto successo.

La Pixar tende però, per nostra fortuna, ad operare in maniera nettamente più ponderata ed autorevole, al contrario di altri concorrenti (come si è potuto recentemente notare per i Blue Sky Studios con l'uscita di “L'era glaciale – In rotta di collisione”, quinto episodio di una saga esaurita della propria linfa vitale fin dal secondo capitolo).

La trama risulta infatti sempre pertinente ed incalzante anche nella propria minimalità. Essa viene assemblata in piena sinuosità con il primo film, seguendo una linea di continuità strutturale, stilistica e contenutistica, nonostante tutti i comprimari, così come l'intreccio stesso, risultino completamente differenti.

Il regista riesce in un battito di ciglia a catapultare il pubblico in quel sensazionale mondo marino animato lasciato ben tredici anni fa, infondendo nello spettatore la sensazione di non averlo mai abbandonato.

Per comprendere appieno la genialità e la perizia del lavoro che ancora una volta ha compiuto Andrew Stanton (già regista dell'eccellente Wall-E e del deludente John Carter), è sufficiente ascoltare le sue parole nel dietro le quinte di “Alla ricerca di Nemo” e attualizzarle:

 

”Nel 1992, quando mio figlio era appena nato, siamo andati al Marine World e lì c'è una vasca con un tunnel di vetro che ti porta in mezzo agli squali. Puoi avvicinarti alle pareti, guardare ciò che accade sott'acqua e perdere la percezione del mondo in cui sei solito vivere. Ricordo di aver pensato che potevamo ricreare quel mondo sottomarino”.

 

Un'idea così naturale e semplice – e così geniale.

Così come in precedenza, è stato ricostruito un ambiente sottomarino totalmente credibile, seppur caricaturale (risulta infatti ben poco di realistico, al contrario del cortometraggio “Piper”, come precedentemente esposto). Ogni minimo particolare è reso al massimo delle proprie possibilità, a partire dall'acqua, per cui già in fase di pre-produzione del primo film furono effettuati diversi studi su reali porzioni di oceano e della barriera corallina, ora ulteriormente approfonditi: a partire dal movimento e dalla massa in acqua di flora e fauna marina, all'illuminazione del fondale ed i suoi riflessi, fino alle più microscopiche bollicine. Addirittura, pare che fu chiesto agli animatori del film di rendere l'acqua del mare meno reale, in quanto alcuni spettatori avrebbero potuto sospettare che fossero vere riprese dell'oceano. Tutto ciò fu mirato chiaramente al fine di stanziare una base solida per poi sbizzarrirsi in una caratterizzazione dei personaggi tanto fantasiosa e cartoonesca quanto “umana”.

La forza maggiore della pellicola sta sicuramente nel fatto di mettere in scena in modo ambivalente quella che è effettivamente la ricerca di Dory, concetto a cui probabilmente il titolo non rende abbastanza giustizia: la ricerca da parte di Marlin che si mette nuovamente in viaggio per ritrovare un affetto (questa volta non il figlioletto Nemo, bensì la cara amica Dory), oltre alla ricerca che Dory stessa fa di sé e del proprio passato.

Quindi, più che “Alla ricerca di Dory”, io lo definirei “La ricerca di Dory”, in quanto è appunto lei stessa a cercare, a perdersi e ritrovarsi, sia sul piano fisico che su quello filosofico.

 

scena

Alla ricerca di Dory (2016): scena

 

La pellicola è interamente focalizzata sul viaggio della nostra protagonista, che fin da neonata soffre di un disturbo di perdita di memoria a breve termine. Ciò le provocherà non pochi problemi, tra cui quello di vagare in solitario (e ad un certo punto, senza meta: l'ha dimenticata) nel grande blu per tutta la propria adolescenza, per poi casualmente imbattersi ed essere presa sotto l'ala protettiva - o meglio, la pinna - del pesce pagliaccio Marlin (incontro che avviene proprio quando quest'ultimo dà il via alle ricerche di Nemo).

L'azione, come già detto, si sposta a questo punto un anno in avanti, quando Dory, stimolata inconsciamente da una serie di elementi visivi e onirici, realizza fulmineamente di aver dimenticato qualcosa di molto più importante del fatto di dare retta a Marlin che la invita a non svegliarlo costantemente all'alba (una tra le molte gag pienamente riuscite): i propri genitori.

L'innata capacita di Dory di dimenticare ha un doppio ed interessantissimo effetto: creare innanzitutto empatia nello spettatore, che si troverà a sostenere Dory nell'impresa di ritrovamento dei proprio affetti e del proprio Io, oltre a generare ottimi momenti comici. I primi minuti del film, a tal proposito, mostrano una Dory venuta al mondo giusto da pochi granelli di clessidra ma già a dir poco irriverente. Grazie al suo personaggio, viene imbastito un sottotesto sociale con obiettivo formativo (ricorrente nei film Pixar) che va a toccare diversi argomenti, quali la diversità e le problematiche psicofisiche, oltre al rispetto e alla fiducia nei propri mezzi: per i giovani fanciulli fruitori di questo lavoro, non potrà che essere un toccasana.

La comicità del film risulta infine, nel complesso, incredibilmente dosata e mai ridondante, obiettivo piuttosto arduo da raggiungere quando si realizza uno stand alone su personaggi per lo più macchiettistici (vedi Minions, tra i tanti).

Egual discorso è valido per quanto riguarda il design e la caratterizzazione dei personaggi secondari: tra i più interessanti troviamo Hank, burbero polpo dai sette tentacoli con un turbolento passato in oceano; Destiny, imponente squalo balena compagna d'infanzia della piccola Dory e Bailey, un beluga perennemente demotivato convinto di aver perso la propria innata abilità di ecolocalizzare. Inoltre, Fluke e Rudder, due leoni marini e Becky, un'anatra, realizzano i migliori siparietti comici nonostante la risicatissima presenza in scena.

In conclusione, una irriverente scena post titoli di coda (in cui troviamo per l'ultima volta i sopracitati pigrissimi leoni marini) farà stringere il cuore anche ai più nostalgici del primo film.

 

 

CONCLUSIONI

 

A visione completata, la soddisfazione è decisamente piena. Probabilmente, si sta discutendo di una pellicola che poteva tranquillamente non essere realizzata, ma che in quanto valida risulta utile come lungimirante esempio da seguire.

A riprova di ciò viene infatti imbastita una trama classica ma frizzante (per quanto di nuovo possa offrire un sequel) e mostrata l'origine di molti dei tratti caratteristici di Dory, come ad esempio la capacità di parlare il balenese e la conoscenza enciclopedica di svariate nozioni riguardo la fauna e la flora marina, acquisite leggendo ossessivamente – e memorizzando inconsciamente – svariati trafiletti divulgativi dedicati ai visitatori dell'acquario.

In attesa del prossimo titolo Pixar, non possiamo far altro che assodare come superato anche l'esame sequel per lo studio, auspicando ad un prossimo titolo inedito carico di originalità, in modo da non rischiare di crogiolarsi nel prendere sempre le scorciatoie, dimenticandosi che sulla via principale il panorama è decisamente migliore.

 

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