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La mossa del pinguino

Regia di Claudio Amendola vedi scheda film

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La recensione su La mossa del pinguino

di amandagriss
8 stelle

L’Arte di arrangiarsi.
E l’Arte del sogno.
È questo che ancora ci resta.
Probabilmente, la nostra unica forza.
La nostra unica grande incorruttibile risorsa.
Chi, guardando il personaggio di Edoardo Leo, non si è, almeno una volta, ritrovato nel suo ostinato idealismo fanciullesco, nei suoi progetti di vita totalmente campati in aria, nelle sue fughe dal mondo, da quella spietata realtà sociale ed economica che pare aver già scritto, per ognuno di noi -soprattutto per chi non possiede alcuna possibilità concreta di riscattarsi dal proprio stato di povero ma bello e soprattutto buono, onesto e un po’ ingenuo- un triste destino tanto simile ad una malattia genetica, trasmissibile di generazione in generazione, da padre in figlio.
Il desiderio di pensare di poter vivere e non semplicemente sopravvivere, di essere felice e rendere felici chi si ama, è il motore dell’esistenza di tante persone ed anche del nostro bimbo cresciuto, inconcludente per natura e condizione.
È l’input necessario che lo sveglia la mattina, lo fa alzare dal letto per affrontare, determinato, l’ostilità del mondo.
Adesso che ha una famiglia, un figlioletto molto più maturo della sua età, con i piedi ben piantati in terra, e una moglie che continua ad amarlo e a restargli vicino nonostante le sue imperdonabili-avventate-sprovvedute-superficiali (da incazzatura a prova di embolo o di ictus) soluzioni/decisioni improbabilissime, prese in totale buona fede, nell’assurda convinzione di potersi “sistemare, magari per il resto dei giorni e dare finalmente la svolta decisiva alla sua esistenza e a quella dei suoi cari”, il nostro eterno Peter Pan continua a vivere a 3 metri sopra il cielo.
È l’unico paradossale compromesso che conosce per resistere alla dura sconfortante avvilente realtà.
La sua è una speranza disperata, propria di tutti quelli che non hanno avuto mai veramente nulla se non una montagna di sogni così fuori portata da risultare assolutamente irrealizzabili.
È l’unica ricchezza che possiede. Insieme alla 2 ruote vintage: una vespa rossa suo grande orgoglio, estensione di quel desiderio di libertà e di eterno entusiasmo e mille aspettative tipici dei ragazzini ancora imberbi che si stanno appena affacciando alla vita.
Non disponendo di alcun background a sostenerlo, di una solida concreta base su cui costruire il proprio futuro e nessuna preparazione adeguata in nessun campo ma solo tanta voglia di fare, ecco che questo “figlio scemo” (come lo definisce la sua consorte, una bravissima, come sempre, Francesca Inaudi) punta sull’improvvisazione, si lancia di volta in volta nelle più folli, (a lui) sconosciute ma più o meno congeniali, imprese lavorative. Ogni volta quella giusta, secondo lui.
Per far filare finalmente liscia e dritta la sua vita.
Tutte le volte sistematicamente dirottata.
Per ultima, ma non ultima, la 'geniale' idea di mettere su una squadra di Curling, strano criptico sport invernale ignoto ai più, che sta cominciando a far proseliti (ma non in Italia e, certo, non da Roma in giù), solo per assicurarsi a tavolino la possibilità di partecipare alle Olimpiadi Invernali di Torino e magari -secondo la sua ottica ottimistica oltre ogni limite, anche quello del più elastico raziocino- vincere la medaglia d’oro e “svoltare una volte per tutte”. Tanto la concorrenza è bassa per non dire nulla, e la vittoria è quasi assicurata. Supportato dal fedele amico di una vita (Ricky Memphis), parte per quest’ultima nuovamente improbabile, sicuramente irrisolta avventura, trascinandosi dietro un vigile in pensione bravissimo a bocce e un campione -entro i confini del suo rione- di biliardo (gli ottimi Ennio Fantastichini e Antonello Fassari).
In fondo, non c’è molta differenza tra una boccia, le palle del biliardo e la corrispettiva granitica ‘stone’.
E non ce n’è nemmeno tanta tra un tavolo verde, una pista di sabbia e una di ghiaccio.
Forse giusto l’aria gelida e il pavimento ghiacciato e scivoloso indispensabili per la disciplina del Curling.
Ma a tutto c’è rimedio. Basta organizzarsi. Rimpinzarsi di volontà e dar fondo a tutte le proprie risorse.
Abituarsi alle temperature gelide con qualche seduta nel freezer della macelleria di quell’amico pare davvero un’ottima soluzione….
E così, la nuova Armata (Basaglia)Brancaleone si lancia in questa impresa da fantascienza che fa acqua da tutte le parti. A cominciare dai mezzi di fortuna con cui allenarsi: invece della regolamentare attrezzatura, scope per uso domestico al posto delle apposite mazze/spazzole in setola e pentole d’acciaio con tanto di minestrone all’interno (dall’effetto sciacquettìo) in sostituzione della caratteristica stone.
Ma in fondo, che sarà mai questo Curling?
Da ciò che il nostro uomo-condottiero ha “letto” su internet, è tutto molto facile, non bisogna essere dei geni e dei grandi atleti per cimentarsi in questo sport ( “di merda” ).
È un gioco da ragazzi.
Naturalmente, la realtà dei fatti ancora una volta smentisce codesto irritante eppure amabile sognatore ad occhi aperti.
Ma non importa vincere. L’importante è riuscire a segnare almeno un maledetto punto. E allora, ecco tornare utili i documentari sulla natura e sulle specie viventi -quelle del polo sud- del pianeta. Come torna utile, per non dire fondamentale, il sostegno del proprio figlio e della donna che si ama per fare la differenza.
Smuovere, per una volta, l’immobile pantano in cui giacciono inerti i perdenti di questa terra è comunque una soddisfazione. E poi, resterà un’esperienza da raccontare agli amici e futuri conoscenti, da tramandare come impresa degna di lode, di cui andar fieri, come un insegnamento di vita vissuta, ai figli dei propri figli, per intere generazioni.
E chiuso un capitolo se ne apre un altro.
Allora pronti, partenza, via!
Alla volta di un altro strambo obiettivo da raggiungere, un’altra impresa ai limiti dell’inconcepibile.
“Sarà davvero quella giusta, per svoltare e sistemarsi”.

Presentato al Torino Film Festival 2013 La mossa del pinguino è l’opera prima da regista del popolare attore romano Claudio Amendola. Ottimo esordio vien da dire. Che tanto si avvicina all’altro esordio registico nostrano, precedente solo di qualche settimana, Smetto quando voglio di Sidney Sibilia.
Principalmente perché troviamo un paio di personaggi presenti in entrambe le pellicole (il bravo Edoardo Leo e in un piccolissimo ma efficace ruolo Stefano Fresi, il “chimico” del film di Sibilia), e per la comune tematica delle nuove generazioni allo sbaraglio, destinate ad una cronica precarietà ed ineluttabile povertà a cui pare proprio non volersi rassegnare.
E contro cui ingaggiare una spietata guerra. Con ogni mezzo. Lecito, illecito, cultura personale, smisurata immaginazione, ideali incrollabili.
“Fare”, come recita il proverbio, “di necessità virtù”.
Ma sul piano formale qui, a differenza di Smetto quando voglio, prevale la scelta sobria, che non vuol dire povera, nel descrivere/dipingere il quotidiano senza necessariamente illuminarlo di luci e colori sintetici, senza dover ricorrere a (pregevoli) immagini accattivanti, di natura più spiccatamente videoclippara, comunque funzionali alla storia raccontataci.
Nel film di Amendola il grottesco e il surreale sono manipolati con estrema prudenza. Se nel contenuto sono evidenti (il contenuto stesso è grottesco e surreale), nella forma si avverte l’intenzione prepotente di una maggiore aderenza alla realtà nei toni, nelle situazioni, nella (buona) descrizione dei personaggi. Il suo è un omaggio ma anche un riallacciarsi esplicitamente alla tradizione della commedia popolare all’italiana fatta dai grandi del nostro grande cinema che fu, in particolare da Dino Risi e Mario Monicelli. Guardando, con umiltà, con un occhio al passato ed uno, lucido onesto genuino, senza tanti fronzoli ed orpelli (come imponeva il neorealismo) e senza nemmeno tanta indigesta retorica, all’oggi.
La mossa del pinguino è un piccolo film, senza troppe ambizioni e pretese autoriali. È cinema popolare, che parla alla gente della gente e delle sue difficoltà quotidiane nell’Italia contemporanea. Per di più in un momento così’ critico. Dove tutto è maggiormente amplificato.
Il film sembra dirci, vuole dirci, che l’arte di arrangiarsi, con piglio ed originalità, senza escludere una certa tendenza a crogiolarcisi dentro, non invecchia mai, ma si rinnova a seconda del quadro storico e dei mutamenti all’interno della società.
L’indimenticabile interprete di Mery per sempre confeziona un’opera di cuore. Che diverte ma fa ridere amaro. Lasciando emergere tra una battuta e l’altra la tragica desolante tristezza del nostro quotidiano.
Una volta era il dopoguerra a far rimboccare le maniche e spremere le meningi. Adesso è la crisi economica globale. Forte di una delicatezza di fondo, scevra da volgarità e cattivo gusto gratuiti, lontana dal macchiettiamo becero tipico della stragrande maggioranza dei prodotti nostrani, La mossa del pinguino è una pellicola da non sottovalutare. Promettente per una -speriamo- fulgida carriera in cabina di regia di uno degli attori/icone popolari del nostro cinema negli ultimi 30 anni. È il seme di una forse nuova filmografia tutta italiana (insieme al coevo Smetto quando voglio), di grande fruibilità, capace di fondere l’invito alla riflessione sul presente col puro intrattenimento di massa.
E non è per forza una brutta cosa.

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