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La mossa del pinguino

Regia di Claudio Amendola vedi scheda film

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La recensione su La mossa del pinguino

di lorenzodg
6 stelle

La mossa del pinguino” (2013) è il primo lungometraggio dell’attore romano Claudio Amendola.
    Come fare un film senza voglia di perdersi cercando di farsi piacere, stare nel giro, non svolazzare e inventando, senza esagerare, il luogo di ritrovo di perdenti in un gioco fatto apposta per incontrarsi tra disperati.
    Per non perdersi in giri di un cinema con poca inventiva almeno questa opera prima prenota alcuni aspetti di conteggio positivo. Una misura ordinata degli ambienti in cui si gira, il linguaggio minimo e senza eccessi verbali (la vituperata moda è anche quella di proporla in altro modo), le figure (abbastanza) ben contornate e una storia non logorante e appesantita. Anzi l’intersecarsi di una certa malinconia nei personaggi e in alcune inquadrature di routine quotidiano danno il gusto di un qualcosa non di completamente precotto o fintamente acerbo. Niente di eclatante ma il metterrsi a disposizione di quello che ha (lo scritto) e degli attori scelti (con sana armonia) rende questo film di Claudio Amendola godibile (nel giusto) e senza contorsioni mentali, addomesticabile anche per chi non è stato spinto (oltre il dovuto) per passare novanta minuti di (quasi) spensieratezza.
    E per chi pensa a presunti registi italiani che ‘dovrebbero’ fare capolavori (quella cosa per cui ogni loro film sembra un evento di circostanza e al di fuori di essa) ad ogni angolo di ripresa e di storie commedianti in risalto (i Veronesi, i Patierno, i Genovese, i Virzì, e…altri che si sentono in alto, molto in alto, ma che non riescono a schiodarsi di dosso un clichè oramai imparato a memoria e risaputo…) stiano con i piedi per terra: quello che ha fatto Amendola con una pellicola di ‘voluta’ bassa dimensione e levatura con un racconto su perdenti già connaturati con un piccolo mondo vicino lieve, fiacco, dileguato e, senza dubbio, alquanto irrisolto. Si respira aria di patemi soggioganti, di rapporti inteneriti e di sogni al contrario tra visi e sguardi privi di salti in alto. In basso, tutti in basso nonostante frasi da verve sfinite e da cazzeggiamenti da quinta strada (quella del quartiere dentro e del giardino senza acquario).
    Una (la) mossa riuscita bene quella dell’attore romano che si permette (senza eccedere) qualche ripresa degna di un certo cinema (la partita a biliardino, gli incontri dei quattro lungo fiume, il gioco di movimenti negli interni, le riprese ‘curling’ rasando il  ghiaccio e dei titoli di coda non banali); certo non sempre il prodotto che ne viene fuori è ben amalgamato e lineare nelle contrapposizioni dei vari personaggi ma, bisogna dire, che alcuni tratteggi e situazioni strappano più di una risata (non convenzionale) e delle piccole riflessioni (amare) su quello che il vivere ci propina e di cui crediamo di allontanarci. Partendo da uno stlile ‘modesto’ e ‘cauto’ l’attore romano riesce a disegnare una storia di un certo tono e a mescolare dentro all’avventura ‘curling’ i vari casi famigliari con legami e distanze (ma senza andare mai alle spiegazioni sociali o a morali di facile acchitto). Tutto può essere e tutto ci fa sognare. Certo alcuni situazioni di dialogo e delle cadenze in primo piano rimangono un qualcosa di troppo acerbo o per meglio dire abitudinari ad un certo mondo da fiction (di piccolo schermo).
    Del pinguino che si lascia andare scivolando sul ghiaccio è quello che si vorrebbe per cadere bene e senza farsi male; così il lastrone duro e il ‘curling’ sconosciuto (e assolutamente fuori moda) diventano simpatici, salutari e (forse anche) vincenti. Basta un punto per consolarsi e per spaventare la (propria) voglia di sconfitta incrollabile. Dei diseredati, futili, insignificanti e succubi diventano teatro di vita e destino senza una svolta dimostrativa. E di ultimi (mai abbastanza) che si abbracciano (ci) ricordano che vicini sono
    Bruno (Edoardo Leo), Salvatore (Ricky Memphis), Ottaviano (Ennio Fantaschini) e Neno (Antonello Fassari) sono quattro disperati e falliti che cercano (un) riscatto pensando ad una squadra di curling (‘come giocare a bocce’) per partecipare alle olimpiadi di Torino del 2006. Tanto non ci sarà nessuno in Italia…e come paese partecipante…siamo ammessi….I sogni, le illusioni, la sconfitta e la vita attorno: tutto ruota con figli che sono grandi, padri che ‘regalano’ la propria vita, pensionati intristiti e incalliti viziati di guadagni (mai realizzati) e conoscenze (mai viste).
    Il gruppo è ben assortito e crede in quel che recita: ma tutto si svolge soffusamente, mestamente e con perdita incorporata. I due ‘vecchi’ reggono meglio il tiro sui due più ‘giovani’. Edoardo Leo dovrebbe ‘raffinarsi’ e tagliare meglio il suo recitare con convinzione e senza pensarci sopra. Un po’ più di coraggio e allora… Comunque un film dignitosamente da ‘gustare’ senza sbandate vistose e con un finale mesto e docile come gli sconfitti (‘presuntuosi’ per chi cade bruscamente) di oggi e di ieri.
    La regia di Claudio Amendola regge il tutto con una certa linearità.
    Voto: 6+.

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