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The Colony

Regia di Jeff Renfroe vedi scheda film

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La recensione su The Colony

di sev7en
2 stelle

Una glaciazione planetaria decima il genere umano e costringe i sopravvissuti a vivere in piccoli gruppi sottoterra ma un messaggio di soccorso, giunto da una delle “colonie”, porta la speranza per una vita di uscita nonché un discreto numero di problemi al seguito…

 

Cosa abbiano in comune Snowpiercer, Aliens, Dead Space (il videogioco), Resident Evil (videogioco e film), 3 Days to Kill (benchmark oramai per le riflessioni introspettive fuori tema) è presto detto: l’ultimo lungometraggio di Jeff Renfroe.

La regola somma delle parti trova in questa particolare alchimia la migliore delle confutazioni, ovvero, l’idea di attingere a quanto di buono proposto dai titoli succitati si è rivelato un fallimentare, noioso e piatto tentativo di svecchiare un genere, quello dei survival-disaster-movies ultimamente poco presente in sala (forse era un segnale da non ignorare…). La trama è la solita con il pretesto di provare l’ennesimo gadget ecologista che finisce per raffreddare un po’ oltre i limiti del corpo umano, l’umanità che paga per il proprio ardore e finisce sottoterra cercando di sopravvivere in serre create ad-hoc, un gruppo vario di personaggi con carattere smussato ad arte in modo tale da creare anche sui turni di guardia e tanta, troppa, voglia di raccontare un dramma, che regista e sceneggiatore in primis non hanno minimamente sperimentato sulla loro pelle, attraverso le vicende personali dei vari attori. Il protagonista fondamentalmente è uno Sam (Kevin Zegers) che va dapprima a zonzo con un redivivo Laurence Fishburne, mentore/mentore ma anche leader carismatico della prima parte, poi si destreggia da novello Lancillotto con la bella Kai (al secolo Charlotte Suillivan) quindi con una verve da far invidia alla più adrenalinica Milla Jovovich si lancia in un’indomita caccia agli zombie che ricorda uno sparatutto in prima persona poco survival e molto splatter. La recitazione non è malvagia ma ciò che manca è l’analisi introspettiva dello stato d’animo dei personaggi calati all’interno di uno scenario che non riescono a scaldare con il loro ardore, contribuendo, paradossalmente, al congelamento anche del pubblico in sala. La terza opera di Renfoe, dopo gli anonimi One Point 0, Civic duty, è quindi un passo falso completo, un inno ai luoghi comuni e al “finché vita c’è speranza” con una linearità che viaggia su binari, una sceneggiatura di cui abbiamo affrescato i tratti salienti ed un accompagnamento sonoro, per chiudere il cerchio, sullo stello livello qualitativo.

Fishburne oltre alla sua presenza “fisica” da Matrix porta con sé anche un’altra chicca ma  per evitare spoiler rimandiamo direttamente a fine pellicola…

Il budget non era da blockbuster, si stima sia stato 16 milioni di dollari, ma non è necessario che vi siano major o multinazionali a finanziare film per poter apprezzare del buon e sano cinema. Apprezzabile, almeno, la volontà di non includere sponsorizzazioni stile l’ultimo Transformer non sapremo mai se per scelta (forse nel bianco manto nevoso sarebbe stato troppo…) o per necessità (nessuno che si sia fatto avanti…). 

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