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Noah

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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La recensione su Noah

di nickoftime
8 stelle

Ci sono luoghi che sarebbe meglio evitare e stati d’animo estranei ad ogni tipo di certezza. Territori oscuri e poco illuminati da cui il cinema di Darren Arofosky è inevitabilmente attratto, ed ai quali finisce per ritornare con la nevrosi delle ossessioni rimaste insoddisfatte.

 

Non è un caso che dopo un prologo piuttosto dilatato e solo in parte giustificato dalla necessità di introdurre la storia secondo i dettami del cinema mainstream, visibile soprattutto nella ricerca della grandeur scenica e paesaggistica (dolly e carrellate abbondano in questo caso) "Noah"cambi passò proprio quando decide di abbandonare lo spazio esterno rifugiandosi nella stiva dell'arca che sta portando in salvo il protagonista e i suo equipaggio. Coinvolto in un’operazione a grosso budget e preparato a cimentarsi con le forme di un cinema apparentemente lontano dalle sue corde, Darren Aronofsky imita il collega Steve McQueen lavorando sul format di genere con un'autorialita'' riconoscibile non tanto nella qualità delle immagini, convenzionali quel tanto che basta per assicurare la riconoscibilità del prodotto, quanto nella struttura drammaturgica imperniata come sempre accade nei film di Aronofsky su una coazione a ripetere che diventa follia. In questo caso l'esasperazione esistenziale scaturisce dal rigore di "Noah" intenzionato a servire il suo Dio anche a costo di sacrificare le persone che ama. Una dissoluzione famigliare a cui eravamo abituati (da The Fountain a The Wrestler) e qui assunta con toni da teatro shakespeariano quando il protagonista decide di disfarsi della sua progenie, contaminata a suo dire dalla stoltezza del mondo. Una frantumazione dell'io che Arnofosky costruisce in modo endogeno, meno evidente di precedenti come "P greco- Il teorema del delirio" e "Il cigno nero", ma assolutamente efficace nel ripercorrere il paradigma di un'agiografia dolorosa e cupa. Come Giona che visse nella balena così Noah nel ventre dell'Arca combatte i suoi demoni proiettandoli in un ambiente che diventa proiezione dell'anima, ed in cui ogni figura è il puzzle, positivo o negativo di questa battaglia interiore. Cosi a rimanere non sono tanto i rimandi alla contemporaneità, trasposta nell'istinto di morte dell'essere umano, e nel dettame ecologista presente nella versione salvifica di Aronofsky che spinge soprattutto verso la salvaguardia dell'eco sistema più che dei discendenti che hanno contiribuito a distruggerlo, ma piuttosto la rappresentazione di un'eresia moderna, che diventa tanto più grande quanto maestosa e potente è l'integrità di Noah, alla pari dei profeti nostrani, acceccato dall'assoluto delle verità che professa.

 

Pur concedendo qualcosa alla convezionalità del prodotto, come accade nella progressione che porterà al quadretto finale contrassegnato da un happy end incorniciato da una messainscena patinata e tronfia (su tutti la messa in piega di Russel Crowe, ritornato improvvisamente capelluto dopo lo scalpo da marine sfoggiato per buona parte della storia), "Noah" fa segnare un passo in avanti in termini di consapevolezza registica, testimoniata dalla sicurezza con cui il regista spinge ai limiti della sopportazione l'oltranzismo del protagonista, e confermata al termine della visione dalla capacità di trasferire sullo spettatore il senso di prostrazione che ne deriva. Dopo il sabotaggio di "The Fountain" e le incomprensioni produttive che ne derivarono, "Noah" nella ritrovata sintonia con i grandi apparati produttivi potrebbe dare nuova linfa ai progetti del regista americano. (icinemaniaci.blogspot.com)

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