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Alberi

Regia di Michelangelo Frammartino vedi scheda film

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La recensione su Alberi

di mck
8 stelle

“Chiedo scusa, il film è già iniziato?” - “No, si accomodi pure, sta continuando.”

T(h)ree(s) : “WoodShock” - “Undir Trénu” - “Alberi”.
1.3 - “Nostos in Silvis/Lucus” : umani armenti vegetali : of Life, the Tree.

 


Il bosco si rianima, vive. La MdP lo percorre danzante lungo paraboliche traiettorie lubezki-malickiane, fino a quando uno stacco di montaggio ci mostra un contro-campo verso il paese, dall'altro lato della valle, oltre il fiume e tr'altri alberi, e il soggetto/PdV si sposta da osservato a osservante, e viceversa, quando il paese restituisce lo sguardo al bosco, e i suoi abitanti transumano sciamando stormenti, fogliame tra il fogliame, penetrandolo, diventandolo.

 


Homo sapiens selvaticus/arboreus.
Cineinstallazione, audiovideoarte, etnografia (folklore storico), reinterpretazione...
Terra (terzo da/di Sol) → Emisfero Nord (Boreale/Settentrionale) → Europa → Italia → Basilicata → Parco Nazionale Appennino Lucano - Val D'Agri - Lagonegrese (corridoio naturale tra il Pollino a sud e il Cilento / Vallo di Diano a nord-ovest) → potentino → Satriano di Lucania e Armento.
Strato arboreo: bosco di querce; strato arbustivo: sottobosco di agrifogli; strato erbaceo: il rampichevole abbarbicarsi lianiforme dell'edera con le sue avventizie radici aggrappanti, in comunicazione e transizione con gli altri livelli, porzioni, fasce, dimensioni della foresta.

 


La storia umana: circolarità spiraleggiante in perenne crescita, accumulo, stratificazione: ad ogni ciclo completato, la generazione successiva si sposta s'un orbita superiore, i piedi ben piantati nell'humus sottostante, le mani sporche di terra, e gli occhi al cielo.

«La parte più curiosa della faccenda era che gli alberi e le altre cose intorno a loro non si spostavano minimamente: per quanto corressero, era come se non superassero mai nulla. “Mi domando se non sarà che ogni cosa si sposta con noi”, pensava Alice, assai perplessa. E la Regina parve indovinare quello che pensava, perché gridò: “Più svelta! Non cercare di parlare!”»
Lewis Carroll - “Attraverso lo Specchio, e Quel che Alice vi Trovò” - 1871

 


Alberi” (2013), terza prova “importante” (le virgolette stanno a significare la non trascurabilità delle altre opere: installazioni e cortometraggi) di Michelangelo Frammartino, calabrese di Malàno (Architettura al Politecnico e poi la Civica Scuola di Cinema), classe 1968, dopo “il Dono” ('03) e “le Quattro Volte” ('10), è uno sperimentale documentario interventista -[l'inizio, col diaframma dell'obbiettivo progressivamente aperto con smisurata lentezza a simulare l'apparire dell'alba; poi il centro, il mezzo, la metà, il midollo, con le galleggianti foglie d'edera perse dai romiti scrollandosele di dosso come il bestiame le brattee uncinate delle lappole saltando sulle pietre viscide e trasportate dalla corrente del ruscello dopo che gli uomini-albero lo hanno attraversato guadandolo producendo una zoocoria semiotica; e al "termine" del mezzo passo di meridiana, la "fine", uroborica, a riaprir le danze, la primavera, il giorno, il sogno, la vita, calando la notte sotto/dentro al fascio di rami: giaciglio e brace]- sotto forma di loopesco cortometraggio (25'), e s'inserisce perfettamente nell'esplorazione del percorso in farsi del regista, che utilizza la macchina-cinema per mettere in scena, anzi: in atto, la reinvenzione del reale, non per forza e non solo canonicamente documentaristica o di autofiction: da questo PdV il suo cinema è lontano anni luce…

 


Macbeth - Atto V - Scena IV
SIWARD - Che bosco è quello che ci sta davanti?
MENTHEITH - La foresta di Birnam.
MALCOLM - Dai suoi alberi ciascun soldato se ne stacchi un ramo e se lo tenga innanzi a sé marciando: maschereremo così il nostro numero e renderemo vano ogni conteggio delle loro vedette.
SOLDATI - Sarà fatto.

…tanto dalla retorica incorporazione (embedded) morale (stile e contenuto) di Gianfranco Rosi quanto dalla prima persona in gioco di Ai Weiwei e Michael Moore, e tanto dalla fiction in nuce di Daniele Vicari, Leonardo Di Costanzo, Pasquale Scimeca, Daniele Segre, Roberto Minervini, Alessandro Comodin, Edoardo Winspeare, Alina Marazzi, Daniele Gaglianone, Costanza Quatriglio, Pietro Marcello, Alice Rohrwacher (corpi celesti e altre meraviglie) ed Enrico Pau quanto dalla virulenta, meravigliosa e lacerante autenticità spinta al limite di Fredrick Wiseman e Nicholas Philibert, e…

Macbeth - Atto V - Scena V
STAFFETTA - Mentr'ero di vedetta in cima al colle ho rivolto lo sguardo verso Birnam e m'è parso, d'un tratto, che si muovesse l'intera foresta.
MACBETH - Bugiardo! Miserabile! Che dici?!
STAFFETTA - S'abbatta su di me la vostra collera, se non è vero: a tre miglia da qui, lo potrete vedere da voi stesso. Ho detto: una foresta che si muove.

 


…tanto dalla rigorosa, specchiata, aderente e compromissoria capacità investigativa di Errol Morris quanto dall'immersivo piano-sequenza cronachistico di Claude Lanzmann e Wang Bing, e s'accosta ed accompagna invec'e quindi a Werner Herzog, Zhao Liang, Massimo D'Anolfi e Martina Parenti (poligoni di materie oscure, castelli aeroportuali, infinite fabbriche di duomi, mirabili spire), Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Jean-Marie Straub e Danièle Huiillet, così come la sua selva lucana è lontana da quella shakespeariana (coevoluzione formale senz'alcun collegamento contenutistico) .

«"Non devi temere fintanto che non vedrai avanzare la foresta di Birnam verso Dunsinane...". Ed ora una foresta si muove veramente verso Dunsinane!»
William Shakespeare – “Macbeth” (Atto V - Scena V) – 1605-1608 

 


La mimesi del transeunte vegetale/umano.
Dalle fustaie di cerro alle faggete miste con agrifoglio, acero e abete, dai boschi cedui ai castagneti, dalle boscaglie termofile di roverella, carpino, frassino e orniello al querceto sempreverde: l'edera pervade, permane, permea, invade. Lo sfoltirla, quando proprio non resecarla alla base, aiuta a mantenere più forte e in salute la parte commercialmente attiva del bosco, il legname (da costruzione e da ardere). E la memoria collettiva che si cristallizza nella tradizione (la mimetica immedesimazione dei vietcong/marines/predator/zii Boonmee nel Village shyamalaniano) semplicemente incorpora questa utilità infarcendola di ricorrente senso celebrativo auto-riproducentesi e tramandantesi, inabissandosi e risorgendo carsica a cicli temporali nei mutamenti dell'antropocene.

 


...-loop solare che si nutre epifita dell'essudazione dell'oralità carnale di reminiscenze cronografiche, dal MedioEvo alla pasoliniana devastazione del “DopoGuerra: Boom!”, in perenne attestarsi sul fronte di congiunzione fra trasfigurazione → falsificazione → messa in scena → riconfigurazione → reificazione che getta seme, mette radici, germoglia, fiorisce e fruttifica un umbratile film-...

- “Chiedo scusa, il film è già iniziato?”
- “No, si accomodi pure, sta continuando.”         

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