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Re per una notte

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Re per una notte

di DeathCross
10 stelle

Ennesimo Capolavoro di Martin Scorsese con cui il Maestro conferma la propria Genialità in qualsiasi Genere, non solo 'gangster'.

"The King of Comedy" (titolo italiano troppo esplicito e banale) è una spietata satira sul sogno americano che precede i Tempi: non serve avere Talento o metterci Impegno per raggiungere il successo, basta sapersi vendere e farsi notare, ad esempio rapendo un comico noto.

 

Scorsese sfrutta lo splendido script di Zimmermann conferendogli una Forza Audio-Visiva rara, e De Niro costruisce con la sua solita bravura un personaggio schizzato e anonimo, una sorta di versione 'sfigata' del Travis Bickle di "Taxi Driver", che irrompe nell'opinione pubblica con un gesto estremo volto a riscattare una vita all'insegna della frustrazione e della mediocrità.

La costruzione dei siparietti mentali inventati da Rupert Pupkin (questo il nome del protagonista) è sublime: vediamo, ad esempio, un dialogo tra Jerry e Pupkin al ristorante montato (finto), in parallelo, il protagonista che sta costruendo letteralmente la scena parlando tra solo (come accadeva nella celeberrima scena allo specchio di "Taxi Driver"), interrotto dalla voce fuori campo della madre (interpretata, come accade spesso nella Filmografia Scorsesiana, dalla madre autentica del Regista).

Quando, invece, Rupert riesce, nel finale, a condurre finalmente lo show del suo Idolo, questo ci viene mostrato interamente alla tv: l'Egocentrimso del personaggio è sottolineato da una lunga ripresa fissa senza stacchi (né all'interno del finto show, né all'interno del locale dove Rupert accende la tv per mostrarsi all'amata Rita). Pupkin, infatti, è un individuo che è stato (auto)condannato alla solitudine, a rinchiudersi in un mondo mentale e immaginario dove, per riscattare la sua marginalità sociale, tutto e tutti ruotano intorno a lui: si immagina un suo matrimonio con Rita trasmesso in diretta nazionale televisiva dallo show di Langford, col preside che si scusa, a nome anche degli insegnanti e dei compagni di scuola, per non averlo compreso; 'vede' Langford che lo invita alla sua villa... Ad un certo punto siamo così abituati/e alle sue immaginazioni da accorgerci solo grazie alla reazione del cameriere cinese che il loro arrivo alla villa di Jerry è inatteso, e la reazione fortemente stizzita del comico (comprensibile, ma non completamente giustificabile) spingerà Rupert a mettersi 'in società' con l'altrettanto psicopatica Marsha per rapire Langford.

Se Rupert, come si è detto, vuole prendere il posto di Langford per riscattarsi dalla sua condizione di perdente, Marsha invece coltiva un Amore altrettanto infondato e immaginario verso Jerry così da poter riscattare la mancanza di affetto da parte dei genitori. Entrambi, comunque, vedono in Jerry un Simbolo, amato e odiato, di Riscatto che possa sollevare la propria carente autostima: la consulente di Jerry consiglia a Rupert di provare i propri spettacoli in pubblico, ma egli è prigioniero della sua insicurezza e incapacità di rapportarsi con la folla, con la gente vera, e, anche a causa dell'età (34 anni) non riesce a contemplare 'la gavetta' come mezzo per giungere al tanto agognato Successo.

 

Come suo solito, il personaggio veramente negativo, veramente stronzo della pellicola è il Potente, non un politicante, ma bensì la Star, Jerry Langford interpretato dal comico 'classico' Jerry Lewis, Regista comico ed ex-partner di Dean Martin. Pur essendo egli stesso un individuo solitario, si tiene strette ricchezza e fama (fa niente se poi la sua villa risulta vuota e morta), ama stare in mezzo alla folla (forse per nascondersi da sé stesso?) ma poi fugge dall'onere di accontentare i/le fan, ricorrendo a metodi meschini come l'accondiscendenza e approfittandosi dei sentimenti (metodo che userà per convincere Marsha a liberarlo dalla prigione di nastro adesivo). Inoltre, quando scopre di essere stato fregato nel modo più idiota del mondo (con una pistola finta), picchierà la rapitrice e, nel vedere Rupert al suo posto all'interno degli schermi televisivi, il suo volto verrà attraversato da una traccia di turbamento.

Però, a ben vedere, la sua condizione è simile se non addirittura peggiore rispetto a quella della coppia di fan squilibrati: la Fama trasforma le persone in personaggi, e in quanto tali oggetto di consumo che può essere scambiato come una collezione di francobolli. Come vediamo nella eloquente sequenza iniziale, gli autografi vengono scambiati come figurine tra la gente, la quale identifica le firme delle star col nome stesso delle star!

 

Il finale è di una negatività sconvolgente (e anticipa, come accennato ad inizio recensione, i tempi attuali delle 'star del trash')- Pupkin diventa una Star, e il suo 'ritorno' nel mondo dello spettacolo è annunciato più volte dalla voce fuori campo del presentatore, ma quando il Re della Commedia arriva sul palco si limita a sorridere dimostrando di aver raggiunto una certa sicurezza, e indossando un vestito rosso identico a quello che Marsha aveva realizzato per Jerry: alla fine, con un gesto estremo, Rupert è riuscito a soppiantare il suo divo.

 

Un Capolavoro, che presenta tutte le caratteristiche stilistiche di Scorsese: inquadrature lunghe che seguono il protagonista, rotture con la quarta parete (quando, per esempio, Scorsese in persona, nei panni del regista televisivo, guarda in camera per dare le indicazioni all'operatore), il freeze frame d'impatto quello che apre i titoli di testa, dove lo sguardo di Pupkin si rivolge all'interno dell'auto di Langford in cui le mani di Marsha (ma potrebbero benissimo essere le nostre, del pubblico) spiaccicate in posa implorante contro il finestrino, inquadrature studiate nei minimi dettagli (la tavola imbandita con il piatto per Jerry vuoto e quello per Marsha 'riempito' dalla pistola: un'inquadratura satura di Violenza). cura notevole per la messa in scena tanto realistica quanto assurda...

Stupende le musiche che rievocano magnificamente l'atmosfera di finta allegria tipica dei talk show comici. Ciliegina sulla torta è costituita dal cast: oltre al Superlativo De Niro, troviamo un Jerry Lewis che costruisce il suo semi-omonimo personaggio in modo classico ma proprio per questo in sintonia con esso. La classicità di Lewis contribuisce a dare quel tocco di credibilità in più al disagio che prova di fronte all'irruenza degli altri due protagonisti, specialmente nella sequenza dove è costretto, sigillato dallo scotch, a subire la follia eccitata di Marsha, magnificamente interpretata da Sandra Bernhard al suo esordio cinematografico (e, stando ad un'intervista sul film, il suo personaggio è costruito praticamente a sua immagine e somiglianza).

 

Concludo questa recensione ripetendo per la terza volta che questo film è un altro Capolavoro Scorsesiano.

Purtroppo, l'assenza delle immancabili stroncature telegrafiche conferma la scarsa popolarità di quest'Opera, a quanto pare il flop che subì (stando a ciò che ricorda Scorsese) all'epoca della sua uscita, vittima della morte della New Hollywood a causa del menefreghismo di stampo reaganiano, perdura tutt'ora.

Peccato, perché se si Ama davvero il Cinema e, perché no, si desidera imparare a farlo, Opere come questa vanno conosciute e studiate.

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