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Night Moves

Regia di Kelly Reichardt vedi scheda film

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La recensione su Night Moves

di leporello
8 stelle

   C’è una novità nell’ultimo lavoro di Kelly Reichardt, puntualmente ignorato dalla distribuzione italiana se non nel ristretto ambito festivaliero (a Venezia nel 2013, puntualmente ignorato dalle giurie): in “Night Moves”, per la prima volta nella sua quaterna di lungometraggi sfornati sin’ora,  succede qualcosa. Ebbene sì, c’è una storia, con delle fasi precise, delimitate, scansite. C’è una seconda novità (anche se questa va doverosamente ritenuta del tutto soggettiva): un cast orribile, per niente convincente.

   Ecco quindi che il trio composto da Jesse Eisenberg (Josh, il primo dei protagonisti), irrimediabilmente contaminato dai panni dello Zuckerberg di cui lo vestì David Fincher nel suo “The Social Network”, con la sua aria malamente e costantemente affranta, le parole a mezza bocca, i gesti a mezze mani e con le mani in tasca, gli sguardi con un occhio storto, la barbetta non curata... (mi fermo, mi fermo, per carità!), in compagnia di una insignificante Dakota Fanning (Dena, la seconda protagonista), twilightata in misura ancor più irrimediabile di quanto non sia stato feisbukkàto il suo compare (ma... Michelle Williams era in ferie quando si doveva girare ‘sto film? Che sfiga!) e di un Peter Sarsgaard (Harmon, il terzo) che, ricordandomelo ancora con la banana in mano nella suite di Parigi che tenta di concupire la verginale Carey Mulligan in “An Education”, pure se debitamente bifolcato e accessoriato di cappellino e barba rimane assolutamente inaffidabile nel ruolo di “cattivo”, si getta nell’ideazione e realizzazione di un’impresa eco-terroristica di basso profilo e con futuri scarsi risultati.

    Ma la (volutamente) impietosa critica agli attori ingaggiati per il  film nulla toglie (casomai, per il principio di Archimede: aggiunge) al valore del film della Reichardt, un'altra perla da conservare con gelosa cura, un’altra efficacissima e disincantata radiografia delle debolezze di una civiltà che la regista continua a dipingere come stanca, affannata, in totale difficoltà, (aggiungo io) forse morente: significativa la scelta di inquadrare solo da lontano, nella scena in cui i nostri “non-eroi” (diverso ovviamente da “anti-eroi”) partecipano ad una riunione ecologista, l’autrice/relatrice del video ivi mostrato, lontano appiglio a quel buon senso cui ormai nessuno pare, come i tre dimostreranno, riesce più ad aggrapparsi

   Il solito finale sospeso, indefinito, inseplicante (e perciò altamente laico), dove il pessimo Eisenberg/Josh, inconsapevole dei confini proibiti che ha inconsapevolmente superato al di là delle sue  malformate intenzioni, altre risposte non trova se non  nell’aspettativa di un’esistenza mediocre che  non assomiglia in nulla a ciò che si era prefissato e mediocremente immaginato.

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