Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
Melodramma psicologico dai ritmi lenti ma che costringe lo spettatore alla massima attenzione poiché avvince come un thriller tenendoti sul filo del rasoio fino ai titoli di coda.
Una coppia felicemente sposata e benestante, genitori di un bambino di 6 anni alle soglie della scuola che conta (corrispettivo italiano delle elementari ovvero scuola primaria), riceve la sconvolgente notizia dall’Ospedale che il figlio è stato scambiato alla nascita. Con pacato spirito nipponico verranno sondate tutte le possibili soluzioni al danno recato, mettendo in atto le azioni che si reputano meno dolorose per tutti.
Da questa idea così originale scaturiscono svariate riflessioni sulla genitorialità, o meglio sulla domanda di fondo: ‘da quando si è genitori veri’. Le possibili risposte a tale dilemma arcaico potrebbero essere:
dal concepimento (inteso come paternità biologica),
dalla nascita del figlio,
quando ci si affeziona al figlio
oppure mai ma questo, a mio parere, vale solamente per la figura paterna nel caso in cui deleghi tale ruolo esclusivo alla madre vera o presunta.
In quasi due ore di analisi psicologica, come la durata dell’intera pellicola, conosceremo le reazioni dei vari personaggi, adulti o meno, che non eccedono mai in isterismi come immagino sarebbe accaduto se la vicenda avesse riguardato una famiglia italiana. Personalmente ho gradito tale pacatezza (tipicamente orientale) poiché ha lasciato spazio alla riflessione dello spettatore evitando di far distogliere l’attenzione sulle ‘mattate’ istrioniche di qualche bravo attore. Avvince e fa riflettere toccando le corde più sensibili dell’anima soprattutto di coloro che hanno la fortuna di essere genitori, con un finale toccante e fortunatamente non ambiguo, come invece presumevo fin dall’inizio.
Recitazione ottima di tutti i protagonisti e soprattutto dei giovanissimi attori (giapponesi popolo di attori) in questa opera così toccante che sfiora il capolavoro.
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