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Giovane e bella

Regia di François Ozon vedi scheda film

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La recensione su Giovane e bella

di supadany
7 stelle

Opera che arriva subito dopo quella che probabilmente è la migliore performance di Francois Ozon (“Nella casa”, 2013), non ripetendo in toto il “miracolo”, ma regalando comunque qualcosa d’importante per cui meravigliarsi (positivamente), ovvero la descrizione della sua protagonista che trova una personale, ed universale, collocazione.

Durante le vacanze estive, la diciassettenne Isabelle (Marine Vacth) perde la verginità, ma i sentimenti che scaturiscono da questo passaggio fondamentale sono lontani da quanto ci si aspetterebbe.

Tornata in città inizia a prostituirsi di nascosto fino a quando un incontro con un cliente abitudinario non porta il suo segreto alla vista di tutti.

I suoi affetti proveranno a capire, ma la situazione è delicata e lei rimane difficile da decifrare.

 

Johan Leysen, Marine Vacth

Giovane e bella (2013): Johan Leysen, Marine Vacth

 

Francois Ozon racconta un’adolescenza complessa, bandisce i facili moralismi, se vogliamo scandalizza con eleganza, indaga nel buio partendo di slancio con una proposizione non tradizionale dell’amore estivo che poi da il là a tutta la storia.

Vicenda dettata da una scrittura senza paura, forte soprattutto di un personaggio insondabile che trova nelle venature della notevole Marine Vacth note inattendibili, una malinconia sfuggente, una lucidità inconsapevole che va al di là di quanto ancora a quel punto non si può conoscere, con uno sviluppo del mistero del desiderio, quando il corpo (costantemente) nudo è solo l’esteriorità di molto di più.

I passaggi con altri personaggi posti temporaneamente sul suo stesso piano, la madre (con relativo sentimento travagliato), il fidanzatino “oggetto”, il fratellino (con tanta voglia di crescere), il padre acquisito (un po’ tontolone) e gli amici di famiglia, forniscono al riquadro sempre più elementi.

Ma soprattutto è lo sguardo d’insieme del regista a risultare vincente, non c’è condanna, si cerca “solo” di comprendere, senza forzare la mano, Isabelle così che il tema della prostituzione giovanile (nota a margine, all’inizio Francois Ozon pensava ad un protagonista maschile) trova la migliore esposizione degli ultimi anni.

Probabilmente solo il finale, che regala, o prova a farlo, un pizzico di sollievo, perde un po’ di tono, ma quasi tutto il resto, a partire dalla divisione esplicita in quattro stagioni contrappuntate dalle note musicali di Francoise Hardy, appare come un’esposizione non omologata e rischiosa, ma tutt’altro che casuale.

Ulteriore tassello creativo di un regista imperfetto, ma dotato di un raro spirito d’iniziativa.

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