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Giovane e bella

Regia di François Ozon vedi scheda film

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Lehava

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Giovane e bella

di Lehava
4 stelle

 

“.... visione della protagonista e dell'adolescenza che rifiuta ogni sentimentalismo. È un mistero insondabile, che il regista ritiene sia stato e sia troppo idealizzato, con in sé qualcosa di ineluttabilmente brutale, di certo privo di ogni simpatia. (Paolo d'Agostino "La Repubblica")

 

Ci sono film che ci risultano scomodi, da un punto di vista strettamente personale. Ci dicono cose che non ci piace sentire, persino che non condividiamo, o a cui non "partecipiamo": emotivamente, intellettualmente. Se pure stilisticamente, non ci attraggono, la consolazione dello spettatore medio è la stroncatura. Nascondendosi magari dietro argomentazioni, pubbliche e non, che lasciano il tempo che trovano: in fondo, il cinema è arte. E come tale, conserva un alone di discrezionalità. Il dilemma intimo nasce quando l'opera ha una certa qualità. Una sorta di consonanza perfetta, che, semplificando, armonizza forma e contenuto. Allora l'onestà intellettuale si scontra ad un istintivo fastidio se non rigetto. Prendere posizione risulta difficile, quasi impossibile. Soprattutto se si insinua il sospetto per cui la sopra citata “qualità” stia proprio, paradossalmente, nella non qualità, se questo è il "messaggio" che si intuisce e si consolida scena dopo scena.

 

Se mai si fosse voluto "elevare culturalmente" questo "Giovane e bella", la citazione a mio avviso più appropriata, magari sull'incipit sorrentinianamente parlando (mi è venuto in mente visto l'anno di uscita e il festival di presentazione...) sarebbe stata di J.P. Sartre : "Il nulla, essendo nulla d'essere, non può venire alla luce che in virtú dell'essere stesso. E viene infatti all'essere ad opera d'un essere singolare, l'essere dell'uomo, l'Esserci. La realtà umana, l'Esserci, è l'essere in quanto, nel suo essere e per il suo essere, è il fondamento unico del nulla nel seno dell'essere". Sarebbe stata, intendiamoci, del tutto fuori luogo. Ozon costruisce un film perfetto del nulla, che mette in scena, appunto, il vuoto. Ed il vuoto non ha cultura , non ha emozione, non ha ricordi, non ha dolore, non ha passione, non ha interesse, non ha etica o morale, non ha desiderio non ha colore sapore o suono. Sintetizzando, come già detto, non ha "qualità" di alcun genere. E' vuoto, appunto. Si alimenta solo di sé. Questa è la protagonista: Isabelle. Isabelle "jeune et belle" (mai titolo fu più azzeccato) a cui, in quanto tale, tutto è concesso di buona grazia: in famiglia, a scuola, fra gli amici in vacanza, è amata e assecondata. Non perché lei abbia un qualche spessore. Non lo ha, non lo ha proprio. Ma aiutano alla mimetizzazione due occhi languidi che, perché verdi, appaiono malinconici. Un fisico acerbo, la freschezza della gioventù. La sua esistenza è borghese nel senso positivo del termine: agiatezza economica ed assenza di drammi. Su tutto, una patina di tranquillità e "tiepidezza di sentimenti". Che Ia protagonista assorbe appieno declinandola nell'assenza di passione. Non c'è guizzo culturale in lei: non le piace il teatro; recita Rimbaud come fosse l'elenco del telefono; musica, cinema, letteratura, arte sono inesistenti; perfino viaggi e vestiti l'annoiano. Non c'è guizzo intellettuale: non ha pensieri organici propri. Non c'è guizzo emotivo e sentimentale: il rapporto con il fratello è da lei gestito fra voyerismo e sberleffo; il madre è esclusa ed offesa; il patrigno stuzzicato; i compagni di scuola (anche l'amica) umiliati dalle sue stupide bugie. I coetanei, pure vagamente volenterosi, come l'aitante Felix, sono etichettati con una arroganza disarmante e trattati utilitaristicamente. Tutto gira intorno alla presunzione di Isabelle a cui, giovane e bella (e anche benestante, che non guasta!), il mondo è chiamato ad inchinarsi. E voilà, che infatti s'inchina, quel mondo, fatto di spettatori maschi, abbagliati da cotanto inutile splendore! E spettatori femmine, pruriginosamente identificate come suggerisce la scena finale con Charlotte Rampling. Entrambi, si affannano dietro a giustificazioni e spiegazioni, semplicemente inesistenti. Perché non c'è mistero: tutto è semplicemente quello che sembra. Cioè aridità, narcisismo e noia. Senza età.

Nel rifiuto di ogni regola morale, nella sospensione della responsabilità per non dire vera e propria certezza dell'impunità legale e sociale, alla ricerca di un qualsivoglia diversivo che non comporti nessun impegno o studio, la protagonista pensa bene di concedere il proprio corpo (mai tanto incorporeo) a pagamento. Il sesso non è desiderio o attrazione. Non è neppure divertissement senza romanticismo, o compulsione di conoscenza e autoaffermazione. Non è ginnastica salutare, che rinvigorisce i muscoli, dà un rilassamento psico-fisico e migliora l'umore. Lontani i lidi della libido, lontanissimi quelli dell' erotismo. Esso è, per così dire, una funzione fisiologica: poco meno della respirazione o di fare pipì (in fondo non così necessario come quest'ultima) poco più di quella essendo esso volontario. Essendo "jeune e jolie" a Isabelle riesce tutto facile, anche vendersi per cifre che, pur non essendo io una esperta del settore, potrei intuitivamente quantificare a livello di circa euro seicento orari. Che lei, in nessun modo, vale. E' un affermazione brutale? No, direi solo veritiera. Perché pure per consumare del buon sesso, verrebbe da dire, ci vuole un minimo di umiltà e preparazione. Di cervello, di buona volontà, di prestanza atletica. Invece, lei non fa altro che rimuginare il suo ego immenso: non prova piacere, ha difficoltà a far provare piacere 8pure ad un adolescente). Così il godimento sta nel l'essere cercata, nel contatto telefonico sbrigativo e nella relativa contrattazione, nel compenso. Squallido il principio di orgasmo davanti allo pssichiatra, raffrontando i propri guadagni con la misera tariffa oraria di un libero professionista laureato, che ci paga sopra pure le tasse. Ozon non ne fa, è evidentissimo, un discorso sulla prostituzione (men che meno minorile), in fondo qui quasi accidentale; né sul guadagno spropositato rispetto alla fatica o sulle alternative che si hanno nella vita. Non ne fa neppure un trattato sociologico-psichico-comportamentale sull'adolescenza. Sull'inadeguatezza, la rabbia e la ribellione, le costrizioni e la crescita dell'Io. Men che meno si approfondisce il senso del corpo o la sessualità. Il masochismo acido di Bunuel, come l'indottrinamento godardiano sono altra cosa. Qui il tono è sospeso sull'osservazione superficiale dei movimenti di un personaggio che risulta sgradevolissimo. Dentro e dietro non c'è nulla: esteticamente e contenutisticamente. La fotografia è nitida, la regia pulita e convenzionale. Molto concentrata su di sé e la propria sbandierata equidistanza: come da contrappunto alla “correttezza” e liberalità che tutti gli adulti concedono colpevolmente, ad Isabelle. Perché è lo sforzo di comprensione e compassione che essi dimostrano verso di lei che, al dunque, sconvolge ed intristisce: George che le offre da bere e la eleva ad interlocutrice, gli amici che la invitano comunque alle feste malgrado le scortesie ripetute, il fratello complice sempre e comunque, madre e patrigno che dopo lo shock iniziale (e con tutti i propri limiti ed errori di esseri umani) non lesinano protezione e supporto. La consapevolezza della sofferenza, del dolore, della perdita, dell'ineluttabilità degli eventi, scalfiscono appena la superficie liscia e perfetta. Facendo scendere giusto una lacrimuccia sulla guancia della ragazza.

Non esiste “formazione” o “maturazione” per Isabelle: lei non ne ha bisogno, il mondo non glielo chiede. E' perfetta così, nella sua grettezza mercificatrice ed orgogliosa.

Valerie Vacht graziosa e inespressiva al punto giusto: ma recitare è un'altra cosa. Così, non esiste una parabola filmica, un “messaggio” o una chiusura: non c'è consapevolezza. Sono solo quattro stagioni, un anno, un pezzo di una vita, quattro canzonette superficiali.

E dunque, il limite dell'opera sta nella sua essenza: senza grande qualità (più un “compito ben fatto” per Ozon) perchè è il contenuto senza qualità.

La coerenza dilaga, ed è una grande tristezza

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