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Il capitale umano

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il capitale umano

di Utente rimosso (Cantagallo)
6 stelle

La grande e la piccola borghesia brianzola convivono educatamente, si osservano senza amarsi troppo ma intravvedendo interessi comuni, quando però le cose vanno male la cordialità passa in secondo piano e i pesci piccoli e ingenui si trovano davanti ai pesci grandi e spregiudicati.

Il capitale umano (non abbiate troppa fretta di scoprire il significato del titolo) ambienta in tale contesto gli eventi di una serata conclusasi con un incidente, riprendendo la narrazione dal diverso punto di vista dei tre protagonisti. Molto attuale dal punto di vista registico, questa modalità di racconto si rivela ben risolta da Virzì da un punto di vista tecnico, tutto torna perfettamente ed effettivamente gli elementi che si aggiungono ad ogni versione conducono a poco a poco all’identità di chi ha causato l’incidente. Si tratta di un film nel quale è stato profuso molto impegno e che conferma le capacità di un regista che mi piace e che è riuscito molto bene nella descrizione di ambiente e personaggi.

C'è però qualcosa che non mi ha convinto fino in fondo. Forse, almeno per come l’ho percepito alla prima visione, l’intersecarsi di diversi piani (sociale, morale, ironico, "giallo") da un lato arricchisce il lavoro ma dall’altro rende piuttosto sfuggente la natura dell'impostazione generale del film: di fatto ciò che trascina la storia è il mistero sull’identità del pirata della strada, ma tutto il peso collaterale di caratterizzazione dei ceti sociali, di condanna della fantafinanza, di apertura e chiusura di digressioni sentimentali e ripetizione narrativa mi ha causato a posteriori una certa sensazione di compressione e smarrimento.

Naturalmente condivisibile, forse fin troppo, la stigmatizzazione degli squali della finanza virtuale con mogli delicate e ingenue (Valeria Bruni Tedeschi perfetta nei panni di una sorta di Blue Jasmine brianzola) e rampolli che sgommano sulle curve di provincia. Ma proprio rispetto a quest’impostazione morale del film, che rimane netta nonostante gli accenti ironici, ho trovato piuttosto sfuggente e un po' superficiale la conclusione: a parte i finanzieri farabutti tutti gli altri hanno le loro scusanti, anche chi ha nuociuto causando l'incidente l’ha fatto mentre stava facendo una cortesia, per di più è un soggetto che parte svantaggiato. Quindi? Alla fine chi ha subito il danno lasciandoci le penne viene risarcito da una frase in sovraimpressione che giunge a spiegare, in zona Cesarini, un titolo da cui è lecito attendersi molto e sul cui significato ci si era interrogati più volte. D’altro canto, se invece si fosse voluto semplicemente descrivere un certo ambiente di provincia con ironia e senza emettere giudizi (come Virzì ha ben fatto diverse volte in passato), pesa allora parecchio la morale (non suggerita indirettamente ma esplicitata nelle parole della Bruni Tedeschi) contro i finanzieri maneggioni e pare molto impegnativa anche la scelta di inserire, come complicazione narrativa, un incidente causato da un suv (episodio la cui gravità rimane secondo me troppo in ombra) per di più con conseguenze drammatiche, elemento che non può non influenzare il registro di una narrazione.

La mano di Virzì l’ho riconsociuta con piacere soprattutto in alcuni momenti, particolarmente nella caratterizzazione dei ragazzi che il regista livornese ha sempre ritratto con particolare abilità, fin dai tempi di Ovosodo. In particolare la figura cara dell’adolescente sfigato ma leale e sensibile ritorna spesso nei suoi film quasi fosse un elemento di identità personale oltre che di legame ideale tra le pellicole. Attori bravi e ben diretti: di Valeria Bruni Tedeschi si è già detto, Fabrizio Bentivoglio è ormai avvezzo alla commedia ma mi piacerebbe vederlo anche in qualche ruolo drammatico, misurati Valeria Golino e Fabrizio Gifuni, molto naturali i giovani protagonisti.

 

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