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Il capitale umano

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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La recensione su Il capitale umano

di maghella
8 stelle

Un film a capitoli per descrivere il declino degli ultimi anni italiani attraverso due famiglie brianzole. Virzì fa decisamente centro con un film drammatico a tinte gialle liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Stephen Amidon, con un cast ad altissimo livello, una regia curata e concentrata nello sviluppare al meglio l'intreccio narrativo, che rischiava se poco curato a crollare come un castello di carte.
Il regista livornese lascia la commedia ma non le tematiche socio politico che tanto ha a cuore, punta il dito sulla situazione economica del nostro Paese con una lucidità e ferocia senza precedenti, utilizzando ancora una volta la formula di due famiglie che si incontrano e scontrano: i Bernaschi, ricchi e potenti, e gli Ossola, imprenditori sull'orlo del fallimento e pieni di debiti.
 
Come da migliore tradizione cinematografica italiana, tra i figli delle due famiglie c'è un rapporto sentimentale, del quale Dino Ossola, il padre di Serena appunto, si approfitta per poter allacciare affari con il padre di Massimiliano, Carlo Bernaschi finanziere di successo.
 
Il film comincia mostrando dall'alto la sala di un ristorante alla fine di un banchetto di beneficenza, il periodo è sicuramente quello natalizio dato i festoni e il clima innevato. Un cameriere alla fine del suo lavoro torna a casa in bicicletta, sulla strada viene investito da un SUV che non si ferma per soccorrerlo. Il film prosegue mostrando a uno a uno i 4 capitoli successivi con la frase “6 mesi prima”.
 
Il primo capitolo del film è proprio dedicato a Dino (Fabrizio Bentivoglio), al suo modo cialtrone di affrontare i problemi. L'agenzia immobiliare di cui è titolare da oltre vent'anni va male, abbagliato dalla ricca dimora dei Bernaschi e dal loro tenore di vita, approfitta di una semplice iniziale simpatia da parte di Bernaschi (Fabrizio Gifuni) per farsi inserire con cifre importanti in un fondo finanziario di speculazione che garantisce un guadagno annuale del 40%. Peccato che per fare questa difficile e incomprensibile (per lui) operazione si vada ad indebitare in banca ipotecando anche la casa a insaputa della moglie e della figlia.
 
Il secondo capitolo è dedicato a Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi), la moglie, donna dalla psicologia complessa, con una vita fatta di shopping e appuntamenti dal parrucchiere, incapace di tenere la famiglia unita, si concentra nella ristrutturazione del Teatro Politeama, unico teatro ancora esistente in tutta la provincia, sull'orlo del crollo strutturale. Fa comprare l'immobile alla fondazione del marito, compone un improbabile consiglio di amministrazione, instaura una affettuosa amicizia con l'intellettuale di turno (Luigi Lo Cascio) scelto come direttore artistico, con il quale riscopre la sua vena artistica di quando faceva l'attrice amatoriale. Peccato che “il giocattolo si rompe” nel momento in cui la crisi finanziaria costringe il fondo a vendere la struttura del teatro per incassare liquido da reinvestire. Carla penserà bene di compensare il suo “intellettuale” di paese con una “scopata” davanti al maxi schermo di casa sua, mentre passa in dvd il film di Carmelo Bene “Nostra signora dei Turchi”.
Questa parentesi sessuale liberatoria di Carla le impedirà di rispondere al telefono, una chiamata importante e fondamentale per lo svolgimento del film.
 
Il terzo capitolo riguarda Serena Ossola (Matilde Gioli), che in verità si è lasciata con Massimiliano Bernaschi (Guglielmo Pinelli) da tempo, ma che decidono di tenere la cosa nascosta alle famiglie. Anche questo segreto innocente ingarbuglia non poco l'intreccio della storia.
Serena in verità sta cominciando una importante storia d'amore con Luca (Giovanni Anzaldo), un giovane ragazzo del paese, che per motivi di spaccio di erba è costretto ad un percorso di recupero, ed è mal visto da tutte le persone che Serena normalmente frequenta. Sarà Serena a rispondere a quella fatidica telefona, proprio mentre è insieme a Luca... questo sarà decisivo per tutta la storia che seguirà, e che io non racconterò.
 
Non racconterò perché il film va visto tutto e fino alla fine, perché tutto si viene a risolvere, nel bene e nel male, proprio nelle ultime scene.
 
Il quarto capitolo è dedicato proprio al capitale umano, quella voce che nelle assicurazioni sulla vita è dedicata a quanto possa valere la vita di un uomo in base alla sua qualità, ai suoi affetti, ai suoi legami. Vi sarà la soluzione finale alla vicenda iniziale dell'investimento del ciclista, dell'investimento speculativo e dell'investimento affettivo tra i personaggi. I risultati non saranno soddisfacenti, proprio come non lo può essere il saldo di una polizza assicurativa sulla vita.
 
Se nei primi due capitoli il film si concentra sui personaggi, mostrandoceli in tutte le loro fattezze, le loro meschinità, debolezze e fragilità, negli ultimi due capitoli la storia diventa un vero e proprio giallo.
Per quanto mi riguarda è proprio la prima parte che ho trovato più disturbante e alquanto bella, bella per come mostra un ritratto feroce non della piccola realtà brianzola (come ho trovato scritto erroneamente in un giornale), ma dell'Italia tutta.
La voglia di diventare ricchi, tanto ricchi, subito, senza capire nemmeno come, senza sapere questa ricchezza a chi costerà, senza comprendere i rischi che comporta e soprattutto senza sapere se questa ricchezza è opportuna per il tipo di vita che si vuole condurre. Dino è abbagliato da tutto questo, dalla possibilità di una vita completamente diversa in poco tempo. Con un divorzio alle spalle, due gemelli in arrivo dalla seconda moglie (Valeria Golino), un fallimento della propria agenzia immobiliare, affronta senza rendersi conto dei rischi una operazione finanziaria più grossa di lui. Purtroppo (e qui sta la ferocia di Virzì) sarà proprio il suo modo senza scrupoli di affrontare la vita a “salvarlo” dal baratro in cui si è cacciato.
Di contro il personaggio più onesto è forse proprio il finanziere Bernaschi, che nonostante le operazioni speculative in borsa, si rende conto della inettitudine di Dino, disprezzandolo intimamente. Onesto nel comprendere le persone che si trova davanti, valutandole per quelle che sono realmente: parassiti.
Carla Bernaschi è la figura più disturbante della storia, una che ha trovato compromessi con sé stessa per poter condurre una vita agiata della quale però non è soddisfatta. Mediocre nella vita da semplice attrice dilettante, mediocre come ricca signora di paese, mediocre come moglie e madre. Giudicherà ferocemente alla fine l'operato del marito (“avete ridotto in rovina il Paese, sarete soddisfatti”) ma non sarà mai in grado realmente di opporsi alla vita che ha scelto (“che abbiamo rovinato! Ci sei di mezzo anche tu” le risponderà il marito).
 
I ragazzi con i loro comportamenti sono purtroppo il risultato finale di questa situazione: fragili, bugiardi, superficiali, pagheranno a caro prezzo quello che i loro genitori gli hanno lasciato. Il finale è comunque pieno di speranze proprio grazie a loro.
 
Nota personale: mi ha fatto “senso” non vedere e non sentire nessun toscano, Virzì è molto bravo a farli recitare, come è bravo (forse è rimasto l'unico in Italia) a far recitare i co-primari e le semplici comparse, sorpresa nel vedere per poche scene Pia Engleberth. Un film corale, reso formidabile dall'ottimo cast, i miei preferiti sono stati la Valeria Bruni Tedeschi e Fabrizio Gifuni, in una delle parti più difficili e complesse del film.
 

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