Regia di Castellano & Pipolo vedi scheda film
Il cinema degli anni Ottanta è una cosa strana, una creatura di indicibile ambiguità, sospesa tra un passato ingombrante, irripetibile, e un futuro vago e spaventoso. Anni Ottanta, terra di confine, un decennio foriero di prodotti - artistici, sociali, politici - di gusto dubbio, prodotti perlopiù trascurabili, laddove non censurabili.
Il ragazzo di campagna, film enormemente conosciuto, oltreché plurireplicato nei palinsesti televisivi, tradizionalmente citato e, per meriti più o meno riconosciuti, mai dimenticato. La storia, come spesso avviene nelle commedie di Castellano e Pipolo, è semplice, piuttosto prevedibile: il ragazzo di campagna, appunto, stanco della campagna stessa che tenta di scalare la città, ne resta scottato e torna felice e contento alla vita agreste, ricredendosi. Un assunto con poco da dire e che poco avrebbe detto in mano a qualunque regista, in quanto materia stereotipata, più volte indagata e comunemente, in modo ipocrita, accettata. Grazie alle enormi capacità di Pozzetto, dotato di una comicità surreale, mai urlata, sempre naturale, il film si lascia guardare piacevolmente, per mezzo di una serie di sketch ormai memorabili ed effettivamente a prova di bomba sul lato ilare, ben legati e mai autoreferenziali o incollati con lo sputo. Tuttavia, nel complesso, la trama si compone di qualche ingenuità, dando in pasto al pubblico quello che desidererebbe vedere rappresentato: la donna in carriera che non vuole saperne di sposarsi, il cinico proprietario del residence, il cugino campagnolo sistemato a modo proprio, la vita cittadina animata da instancabili lavoratori coi paraocchi perennemente di fretta, l'immancabile divagazione calcistica, la bontà inveterata della gente dei campi, tutti luoghi comuni affrontati sì con sagacia e con mordente ironia, ma che sanno di già visto, di già masticato.
La morale di fondo è piuttosto banalotta, e il film perde colpi, molti colpi dalla metà in poi, lasciando intendere come le idee buone fossero state già esaurite nel "primo tempo", decisamente la parte migliore. A ogni modo, questa pellicola, somigliante ad affini lavori che avevano visto lavorare i due registi con Celentano, films con i quali condivide la tematica sostanzialmente "verde", si regge unicamente sulle spalle del suo protagonista, magnifico faccia da pirla che non può che essere amato, oggi più che mai, guardando a certi volti sbattuti senza remore sul grande come sul piccolo schermo e spacciati per attori.
La sufficienza è d'obbligo, ma non di più.
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